Edward
Il
rientro nella rocca fu
veloce e silenzioso. Dopo che Demetri mi aveva portato fuori dalla
libreria, ci eravamo avviati diretti verso la Rocca . Ero talmente
stanco e sconvolto che non avevo pensato ad altro se non a mettere i
piedi uno davanti all'altro. Arrivati mi lasciarono nella mia
camera. Passai le ore successive sdraiato sul letto, tremante a
nascondere nella mia mente quello che era successo. Temevo che Aro
potesse trovarne traccia, e conoscendolo ormai bene, avevo capito
come ingannarlo e nascondergli quello che volevo.
Venne
a prendermi Jane e
con un sorrisino soddisfatto mi annunciò “Vieni,
vestiti da
Guardia e cerca di comportarti come tale. I Signori di Volterra ti
aspettano per sottoporti a giudizio”
La
segui silenzioso ed
entrammo nella sala delle udienze. Per un attimo mi mancò il
fiato, nella sala erano presenti quasi tutti i Volturi, mentre in piedi
nel
centro mi aspettavano Demetri e Felix.
Jane
mi spinse a fianco a
loro e si andò a sistemare vicino a Caius che mi guardava
con aperta
ostilità.
“Ben
arrivato Edward,
ti stavamo aspettando” Aro si era alzato e dopo avermi
salutato si
rivolse a tutti i vampiri “Amici, vi ho convocato qui
perché
questa mattina è successo un fatto grave. Queste tre Guardie
Reali
hanno rischiato di farci scoprire qui nella nostra Volterra. Siamo
quindi chiamati a sentire l'accaduto e a giudicare se siano colpevoli
o meno di tradimento emettendo una sentenza equa. Capitano Demetri
vuoi raccontarci tu, tutto l'accaduto?”
Mi
sentii pervadere da un
brivido, pensavo che sarei stato punito solo io, non che fossero
coinvolti anche i miei accompagnatori. Demetri, tranquillo e sicuro
di sé come al solito, iniziò a raccontare gli
avvenimenti di quella
mattina, senza omettere i loro dubbi sulla mia salute. Non sapevo
come erano andate le cose e rimasi sorpreso quando seppi che mi
avevano portato fuori su ordine di Aro .
Quando
tacque Aro si
rivolse a Felix “Capitano avete nulla da
aggiungere?”
“No,
nobile Aro, solo
che la nostra colpa è stata la leggerezza nel valutare la
salute di
Edward. Ma che tutti noi eravamo in buona fede”
Aro
annui e si rivolse a
me “E tu Edward, vuoi aggiungere qualcosa?”
Inghiottii
a vuoto “Si,
volevo solo prendermi la responsabilità di quanto successo.
Ho
insistito per continuare il nostro giro malgrado sapessi di non stare
bene. Non mi ero reso conto del mio stato di salute, e mi dispiace
profondamente per quello che è successo. Vi chiedo scusa e
di
perdonare Felix e Demetri. La colpa è la mia.”
“E'
assurdo! Stanno
mentendo! Non possono essersi tutti comportati così da
sciocchi.
Hanno qualche secondo fine. Chiedo che vengano puniti tutti e tre con
la massima severità” Caius non si era certo fatto
mancare
l'occasione per poter essere crudele. Aro annui “Potresti
avere
ragione Caius, ma c'è un modo per saperlo con certezza.
Demetri
avvicinati e dammi la mano” Il capitano ubbidì
senza esitazioni e
chinò la testa rabbrividendo mentre Aro gli penetrava nella
sua
mente. Quando ebbe finito non fece commenti invitando Felix a fare
altrettanto. Poi dopo aver sondato anche lui si rivolse a me
“Vieni
Edward. Avvicinati”. Feci due passi e allungai la mano come
avevano
fatto gli altri, ma Aro con un sogghigno scosse la testa.
“No,
Edward. In ginocchio davanti a me”. Voleva umiliarmi, non
c'era
infatti differenza su dove posasse le mani nell'utilizzo del suo
potere. Ubbidii senza esitazioni. Era inutile e stupido opporsi. Mi
posò le mani sulla testa e penetrò nella mia
mente. Ovviamente ero
ormai abituato a sentirlo dentro di me, per cui rimasi fermo e
tranquillo. Quando ebbe finito di rivoltare i miei ricordi di quella
mattinata si scostò da me e mi fece segno di alzarmi e
tornare al
mio posto.
“
Caius, Marcus e amici
miei, le nostre tre Guardie hanno detto la verità. La
leggerezza
nel valutare la situazione è la loro unica colpa. Ora mi
chiedo con quanta severità vadano punite ”
“Con
molta severità Aro. Non possiamo rischiare di attirare
l'attenzione, soprattutto
qui. La loro sarà pure stata una
“leggerezza” come la definisci
tu, ma poteva costarci cara e quindi vanno puniti in maniera
esemplare.” Caius era soddisfatto, potevo percepire la sua
mente
godere nell'infliggere punizioni..
“Hai
ragione Caius” affermò Aro “ma
permettimi di ricordarti che sono riusciti a
risolvere la situazione in maniera molto efficace. Di questo dobbiamo
dargliene atto. Cosa ne pensi tu Marcus?”
Marcus
aveva l'aria
annoiata come al solito, pareva quasi che non fosse stato neanche a
sentire quello che si era detto fino questo momento o almeno
così
mi era sembrato ma.....“E' una situazione particolare. Non
trovo
colpa in loro, solo superficialità. Li punirei certamente ma
non in
maniera grave, come pretende Caius. Credo che tu Aro, fratello
carissimo, saprai trovare una giusta ed equa punizione tenendo conto
che l'errore è stato dovuto alla stanchezza che noi stessi
abbiamo
causato!”
“Giusto
!” esclamò
Aro “Un po' di colpa l'abbiamo anche noi Caius, che abbiamo
stancato troppo il nostro Edward ed ordinato che uscisse. D'altronde
Felix e Demetri avevano il compito di valutare la
situazione e in questo hanno fallito e in più si sono fatti
influenzare dall'opinione di un loro sottoposto. Questo è un
fatto
grave per chi ha il grado di Capitano. Ritengo pertanto che abbiamo
bisogno di un periodo di riflessione, per cui verranno degradati e
impegnati ad fare un po' di sana guardia alle porte per un periodo di
venti giorni a partire da oggi. Poi saranno reintegrati nel loro
grado sperando che abbiano riflettuto sulla loro
responsabilità.
In
quanto a te Edward,
sono addolorato che tu abbia tutta questa voglia di uscire dalla
Rocca. Posso solo limitatamente capirlo in quanto la nostra vita di
vampiri ci mette dei limiti e non è saggio per noi
frequentare il
mondo degli umani. Ritengo pertanto che tu sconti quattro giorni di
gabbia durante i quali potrai riflettere sul giusto comportamento da
tenere. E ovviamente, visto che hai attirato troppo l'attenzione su
di te , ti sarà vietato uscire per Volterra per almeno altri
sei
mesi.”
Come
pronunciò le
sentenze, vidi Jane e Alec sorridere soddisfatti mentre Caius
sembrava imbronciato. Probabilmente per lui le punizioni erano troppo
leggere.
Rimasi
fermo e tranquillo
come Felix e Demetri anche se potevo percepire i loro pensieri
furiosi.
“Adesso
andate. Alec,
pensa tu ad assegnare i nuovi turni di guardia, mentre mia cara Jane
occupati di Edward” Aro ci congedò ed io passando
a fianco a
Felix e Demetri sussurrai “Mi spiace”. Ovviamente
non ottenni
risposta, e silenziosamente seguii la mia carceriera.
Sapevo
già quello che mi
aspettava, e non avevo paura. Quando arrivammo di fronte alla Gabbia
esitai un attimo, poi entrai.
La
porta si richiuse
dietro di me con un tonfo. Adesso ero solo e potevo liberamente
pensare alla mia famiglia. Con calma passai il lungo periodo di
prigionia a ripensare a tutto quello che era accaduto, e a tutte le
immagini che l'incontro con i miei genitori aveva richiamato alla mia
memoria.
Ero
finalmente
consapevole, che tutte le visioni spuntate fuori dal mio cervello in
questi ultimi tempi, non erano frutto della pazzia come temevo ,ma
ricordi di fatti e persone reali.!!
Cercai
di ricostruire la
mia vita e la mia famiglia ma avevo parecchi buchi, era come un
puzzle a cui mancavano ancora diverse tessere. Cosa c'entrava un
licantropo con me? E chi era il mio angelo dagli occhi marroni o
rossi che mi stava tanto a cuore.? Per non pensare alla bambina dagli
occhi cioccolato e i capelli bronzei come i miei? Adesso sapevo che
fuori per Volterra c'erano i miei fratelli e i miei genitori che mi
aspettavano. Sapevo che tutti mi amavano e sentivo la loro mancanza.
Volevo rivederli, avevo tante domande da fargli, ancora tanti buchi
da colmare. Volevo trovare il coraggio di abbracciare mia madre e
mio padre. Ma come potevo fare?
La
punizione più grande
non sarebbero stati i quattro giorni chiuso lì dentro come
tutti
pensavano ma il divieto di uscire che equivaleva a non vedere
più la
mia famiglia senza potere cercare le risposte alle mille domande che
mi giravano e torturavano la mente. Dovevo trovare un modo.
E
così passai l'ultimo
giorno a nascondere i miei sentimenti, in modo che Aro continuasse a
ignorare i miei propositi.
Quando
mi liberarono
ripresi la mia vita di prima con l'unica differenza che passavo tutto
il tempo libero dal servizio chiuso nella mia stanza. Anche il
conforto del cortile mi era stato vietato. Per fortuna avevo fatto
scorta di libri e cd, perché altrimenti sarei impazzito. Ma
ci
andai vicino ugualmente quando mi ricordai del cd che Alice mi aveva
consegnato la prima volta e lo misi nello stereo. Una dolce
musica, che sembrava una ninna-nanna suonata al pianoforte invase la
mia stanza provocandomi un dolore orrendo mentre la mia mente volava
prima in una casa, dove suonavo al pianoforte quella stessa canzone
al mio angelo dagli occhi marroni seduta vicino a me e poi in una
stanza da letto, mentre abbracciandola le cantavo la stessa melodia.
Due immagini dolcissime, due immagini che mi fecero venire voglia di
fuggire da quell'odiosa stanza. Ma non potevo ero sorvegliato ancora
più di prima. Mi sedetti sul divano sconvolto e mi ritrovai
in mano “Romeo e Giulietta”. Sapevo che era legato
in qualche
modo alla mia vita precedente e preso coraggio iniziai a leggerlo
avidamente.
In
tre giorni lo lessi
tutto, ma malgrado m'irritasse a morte non riuscii a comprendere come
fosse legato alla mia vita. Mi arrabbiavo, contro Romeo, contro la
sua stupidità, contro il fato e le possibilità,
ma non capivo il
perché. Era un altro mistero che forse sarei riuscito a
svelare più
avanti. Quando finii il libro, ne iniziai uno di biologia, ma sapevo
già tutto e lo trovai noioso da morire. Non riuscivo a
capire cosa
mi avesse spinto a comprarlo. Cosa centrava biologia con me? Sentii
anche gli altri cd che avevo comprato e quando misi su quello di
Debussy che mi aveva passato Alice, mi apparve nuovamente il mio
angelo che stavo abbracciando teneramente.
Ero
irritato, nervoso. Ogni cosa , persino il mio stupido e piccolo armadio
mi faceva venire
malinconia risvegliandomi ricordi confusi e dolcissimi allo stesso
tempo.
Erano
passati dieci
giorni dal mio processo e iniziavo a smaniare all'idea di rimanere al
chiuso ancora per tanto.
Quella
sera mi ero
preparato per andare come al solito da Aro, quando la porta si aprii
e Damiano mi chiamò tutto sorridente “Andiamo
Edward. Vieni,
sbrigati. Stasera si mangia”.
Lo
guardai allibito.
Giusto! Avevo letto qualcosa nella mente di Aro la sera prima, ma non
avevo intenzione di cibarmi di sangue umano. Evidentemente Aro ,
sperava che prima o poi cedessi perchè anche questa volta
voleva
costringermi ad assistere alla carneficina.
Quando
entrammo nella
sala, mi misi vicino alla porta. Un piano si era definito nella mia
testa. Un piano rischioso eppure questa era l'unica occasione per
fuggire a Volterra in cerca della mia famiglia.
Non
ci volle molto a
sgattaiolare fuori, durante i banchetti tutti non pensavano ad altro
che cibarsi ed io riuscii a uscire nella buia notte.
Per
prima cosa annusai
l'aria fresca e umida beandomi di quelle sensazioni che ormai mi
mancavano, poi mi avviai verso la piazza principale. Da lì
avrei
girato nella cittadella annusando e sperando d'imbattermi nei miei
fratelli.
Ad
attirare la mia
attenzione fu però l'odore di cane bagnato che mi
arrivò da dentro
un vicolo stretto. Avanzai lentamente e silenzioso come solo la mia
razza è capace di fare e notai il grosso ragazzone che avevo
visto
il primo giorno a Volterra. Il licantropo. Furtivamente mi portai
alle sue spalle poi gli saltai addosso mentre lui si girava pronto a
trasformarsi. Mi vide e si bloccò dandomi il tempo di
piombargli
alle spalle e di poggiargli i denti sul suo collo.
“Stai
zitto e fermo se
non vuoi che ti morda” gli sibilai, spaventato da quel corpo
che
tremava sotto di me.
“Edward.
Sei tu?... Ma
cosa ti prende?.... Spostati succhia-sangue” la voce di Jacob
era
tutt'altro che tranquilla e il ragazzo tremava cercando di
trattenersi dal trasformarsi.
“Zitto
licantropo. Non
so che legame ci sia tra me e te, ma penso che tu sappia dove siano i
miei genitori, o sbaglio? Portami da loro o ti stacco la testa dal
collo con un morso e bevo il tuo sangue puzzolente.”
“Certo,
certo...
Diciamo che siamo.... amici o giù di
lì...” bofonchiò mentre
tirava fuori dalla tasca un cellulare ultimo modello “Adesso
chiamo
tuo padre, e gli dico dove possiamo vederci. Ma tu allontanati, non
piace avere i denti di un vampiro attaccato al collo”
“Scordatelo,
lupo.
Quando avrai chiamato. Altrimenti potrei provare a vedere quanto
è
resistente la tua pelle”
Il
ragazzone che sapevo
chiamarsi Jacob, telefonò e sentii la voce di mio padre
darmi un
appuntamento.
Con
un gesto secco e
repentino requisii il cellulare a Jacob e chiusi la conversazione.
Poi gli intimai di precedermi, mentre mi tiravo su il cappuccio per
non farmi vedere. Stavo rischiando molto. Chissà come
avrebbe
reagito Caius a sapere che ero a spasso per Volterra in compagnia di
un licantropo. Un sorriso increspò le mie labbra mentre
seguivo il
mio cane da compagnia.
“Allora
Edward, hai
deciso finalmente di farti vivo. Eh! Non sei mai uscito di notte, e
da solo.... Perché sei solo vero?” Jacob che mi
precedeva di
diversi passi sembrava aver riacquistato la calma mentre io ero
sempre più nervoso.
“Sono
solo. Non ti
preoccupare lupo”
Si
girò a guardarmi e
rimase in silenzio, probabilmente aveva capito il mio nervosismo e
aveva paura a stuzzicarmi troppo.
Quando
vidi i miei
genitori, abbassai il cappuccio per farmi riconoscere, e rimasi
lì
fermo e indeciso su come comportarmi.
Jacob,
si era
trasformato, nel grande lupo dal pelo rossastro e io non sapevo chi
guardare. Ero affascinato da quella creatura che risvegliava in me
numerosi ricordi e nello stesso tempo volevo andare ad abbracciare i
miei genitori. Ma avevo paura di me stesso, delle mie reazioni. Non
sapevo cosa fare, non volevo crollare di nuovo..... Avevo poco tempo
e troppe domande. Anche loro stavano fermi a guardarmi, anche loro
dovevano avere timore di me o di come potevo reagire. Forse li avevo
spaventati, forse avevano deciso di non volermi più vedere
delusi
dal mio comportamento. Poi mio padre interruppe i miei pensieri
rivolgendomi una domanda che avrebbe richiesto troppo tempo nelle
spiegazioni. Il tempo ecco il mio problema. Così evitai di
rispondergli e gli porsi la più dolorosa delle mie domande.
“Chi
Sono?”. La risposta arrivò come una mazzata.
Lo
sapevo, lo sapevo già,
nel mio cuore e nella mia mente ero già consapevole di
quella
verità ma sentirmelo dire risvegliò in me una
valanga di ricordi e
sentimenti ormai dimenticati.
Stavo
crollando di nuovo,
ma non volevo, non potevo permettermelo. Arretrai e mi appoggiai a un
tronco.
“State
indietro”
ripetei quasi supplicando quando vidi che si stavano avvicinando
nuovamente. Avevo paura di quel contatto, paura di perdere la
lucidità come la prima volta. Poi mi voltai verso il lupo
per
controllare la sua posizione. Mi metteva a disagio. E quando guardai di
nuovo il volto sorridente dei miei genitori l'implorai di
spiegarmi “Che legame ha lui con me. E poi, nella mia mente,
vedo
spesso una ragazza che mi appare a volte con gli occhi nocciola e a
volte con gli occhi rossi, chi è? E perché
è così ricorrente e
importante per me? E la bambina, esiste una bambina con gli occhi
della ragazza e i capelli bronzei come i miei?”
Vidi
sorridere i miei
genitori teneramente e poi dopo una breve occhiata d'intesa si
spostarono e io la vidi.
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