Edward
Quando
mi vidi allo
specchio tirai un sospiro di sollievo.
Non
ero cambiato, vedevo
riflesso nello specchio il solito Edward con i suoi capelli rossi
spettinati e gli occhi ambra che si guardava preoccupato. Sorrisi
della mia paura, e notai che dietro le mie spalle c'era Rebecca. Mi
guardava con il sorriso sghembo che tanto piaceva a Bella, appoggiata
tranquilla allo stipite della porta.
Ingoiai
una boccata di
veleno, infastidito dalla sua presenza. Avevo il braccio destro
bloccato dalle bende contro il mio petto, ma non sentivo più
quel
dolore atroce che mi aveva perseguitato nelle ultime ore. Soltanto un
leggero pizzicore che mi convinse a liberarmi da quella noiosa
fasciatura. Stavo armeggiando con il braccio libero quando mi accorsi
che Rebecca si era avvicinata e da dietro mi stava aiutando. La
guardai riflessa nello specchio mentre era intenta a sfasciarmi il
braccio. Quando finii tirò su la testa e mi
guardò sorridendomi
nuovamente.
“Grazie”
bofonchiai
intimidito.
Lei
senza levarmi gli
occhi di dosso annui silenziosa.
Ero
curioso e timoroso di sentire la sua voce, temevo che anche quella
fosse simile alla
mia.
“Cosa
è successo
Rebecca, cosa mi hai fatto?” le chiesi mentre con le dita
toccavo
la nuova cicatrice argentea che spiccava sulla mia spalla.
Non
rispose, si limitò a
fissarmi in maniera inespressiva.
Sospirai,
mentre muovevo
il braccio e la mano per controllare che tutto fosse a posto.
Mi
voltai verso di lei,
che si era appoggiata nuovamente allo stipite della porta.
“Ti
spiace...- mi rivolsi a lei con tono ironico, mentre cercavo di
chiudere la porta del bagno - vorrei farmi una doccia senza
spettatori”
Lei
arretrò una smorfia
di fastidio sul bel viso mentre la chiudevo fuori dalla porta.
“Al
diavolo”, pensai
mentre andavo ad aprire l'acqua.
Si
avevo proprio bisogno
di rilassarmi.
C'era
caldo in bagno.
Strano
la nostra natura
non ci permetteva di sentire certe sensazioni, eppure sentivo caldo
e avevo come la sensazione di soffocare. Iniziai a respirare veloce
come se mi mancasse l'aria. Era assurdo, per noi non è
necessario
respirare eppure fui invaso dal panico. Dovevo scappare da
quell'ambiente che all'improvviso era diventato opprimente. Velocemente
aprii la porta e uscii. Quando alzai gli occhi mi vidi
riflesso in quelli di Rebecca. Era in piedi subito dietro la porta e
aveva sul viso un espressione sofferente. Rimasi in silenzio a
fissarla mentre la sensazione di soffocamento che mi aveva colpito
passava velocemente e la respirazione tornava normale.
Presi
due o tre respiri
profondi poi mi voltai ed entrai nuovamente nel bagno. Rebecca mi
seguì come un ombra e restò sulla porta a
contemplare la mia
schiena.
Stavolta
aprii l'acqua
senza problemi e iniziai a sfilarmi i pantaloni per lavarmi.
Inutile
nascondere che
ero a disagio sotto i suoi occhi, ma avevo la viva sensazione che non
avrei potuto allontanarla di nuovo.
Lei
mi sorrise, come se
avesse letto nei miei pensieri, e mi diede le spalle senza
però
arretrare di un centimetro.
“Resta
girata. Per
favore. Non ci metto tanto”. Imbarazzato da quella presenza
sulla
porta finii di spogliarmi e mi lavai il più velocemente
possibile.
Poi
mi asciugai e uscii
per vestirmi con il completo della divisa pulito che avevo visto
appoggiato sul divano.
Rebecca
mi guardò
uscire avvolto nell'asciugamano e si girò verso il bagno per
darmi
l'opportunità di vestirmi tranquillo.
Quando
fui pronto la
chiamai “Rebecca, ho finito. Puoi pure girarti
adesso”. Lei si
voltò sorridendomi.
Avevo
un orrendo
sospetto sul mio malore di poco prima, per cui decisi di fare una
prova.
“Resta
qua. Torno
subito” e veloce uscii dalla mia stanza chiudendomi la porta
dietro.
Subito
fui invaso dalla
strana sensazione di soffocare, mentre un altro attacco di panico mi
colpiva.
Alzai
gli occhi e vidi
Demetri tranquillamente appoggiato alla parete di fronte a me.
“Ti
conviene rientrare
Edward, prima di sentirti male. Non è saggio allontanarsi
tanto da
Rebecca né tanto meno mettere una porta tra lei e
te”
“Cosa
mi sta
succedendo? Cosa mi avete fatto?” la mia voce tremava proprio
come
il mio corpo.
Demetri
si avvicinò e mi
prese per un braccio mentre aprendo la stanza mi spingeva dentro.
“Vieni.
C'è
qualcosa che devi sapere”
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