Edward
Stavo
malissimo. Sentivo il mio corpo bruciare.
I
miei sensi erano appannati e un forte tremito mi si era impossessato
di me.
Avevo
bisogno di Rebecca. Il mio corpo la richiedeva, ne aveva bisogno.
Sentivo
delle voci lontane, mi sentivo toccare ma non riuscivo a capire chi
fosse o cosa volesse. Ero perso nel dolore e nella nebbia.
Avevo
paura, mi sentivo soffocare e il peggio fu quando qualcosa
penetrò
con forza nella mia bocca. Cercai di ribellarmi ma fu tutto vano.
Per fortuna durò poco e con sforzo ripresi a respirare.
Il
petto mi bruciava come il fuoco e mi sentivo pizzicare come se tante
api avessero deciso di pungermi contemporaneamente. Un dolore
continuo e prolungato smussato soltanto dalla lontananza di Rebecca.
Poi,
quando iniziai a credete che tutto non sarebbe mai finito, finalmente
la sentii, sentii il suo tocco, le sue carezze.
Il
mio corpo la riconobbe ed esultò.
Il
panico, la paura mi abbandonarono assieme alla nebbia che oscurava i
miei sensi.
Ma
sopraggiunse il dolore ancora più forte, ancora
più prepotente e mi
sentii precipitare di nuovo in un incubo senza fine.
Nuovamente
mi sentii pungere e pizzicare il petto come se aghi di fuoco
venissero conficcati nella mia carne.
Percepii,
per la prima volta chiaramente e con terrore, il fuoco invadere
tutto il mio corpo, ogni nervo, ogni muscolo si contorceva avvolto da
esso mentre il veleno si propagava dentro di me.
Avevo
bisogno dell'aiuto di Rebecca per contenere il male e sapevo che il
suo bacio era il mezzo più efficace e veloce per intervenire.
Allungai
le labbra cercandola disperato sperando di alleviare quel male che
rischiava di farmi impazzire.
E
lei lo fece, mi donò le sue labbra e il suo conforto
iniziando ad
assorbire il mio dolore su di se.
Il
mio corpo rispose subito al suo intervento e mi resi conto che non ne
potevo fare più a meno.
Ogni
tanto si staccava da me, ed io la cercavo, la volevo.
Poi
il male al petto diminuì e senti un liquido fresco placarne
il
dolore.
Ma
il resto continuava a bruciare come il fuoco.
Mi
parve sentire un voce lontana chiamarmi, una voce conosciuta.
Ma
non riuscivo a capire, a rispondere. Avevo bisogno che Rebecca mi
aiutasse, alleviasse il dolore. Così la chiamai ancora. Poi
qualcuno mi aprii la bocca e mi costrinse a ingoiare un liquido
schifosissimo.
Volevo
vomitarlo ma non ci riuscii e mentre scendeva nel mio stomaco
avvertii una fitta lancinante ad esso. Mi piegai cercando di porre
fine a quella sofferenza, ma per fortuna il bacio di Rebecca
intervenne ad alleviare i crampi che mi avevano preso.
Dopo
un paio di minuti, riuscii ad aprire gli occhi e per la prima volta a
guardarmi intorno. Ma non riuscivo a mettere a fuoco quello che mi
circondava era tutto avvolto da una nebbia fittissima.
Una
figura si stava allontanando, sembrava mio padre.
“Carlisle”
cercai di chiamarlo ma un ulteriore fitta mi costrinse di nuovo ad
raggomitolarmi mentre Rebecca si chinava nuovamente su di me
baciandomi per alleviare anche quella nuova sofferenza.
L'antidoto
che mi avevano fatto bere, iniziò a fare il suo effetto e
lentamente
il mio corpo smise di torturarmi con quella violenza e la mia mente
divenne leggermente più lucida.
“Edward.
Adesso ti portiamo in macchina. Torniamo a Volterra” la voce
che
arrivò da lontano alle mie orecchie era quella di Felix.
Mi
sentii avvolgere in una coperta e prendere in braccio.
Aprii
appena gli occhi e vidi il suo volto vicino al mio “C'era mio
padre vero? O l'ho solo sognato?” chiesi in un sussurro
ancora
stanco e dolorante.
“Adesso
devi solo riposare Edward. Presto starai meglio e allora
parleremo”
mi rispose con un filo di voce.
Quando
aprii gli occhi ero nella mia stanza.
Non
ricordavo nulla del viaggio di ritorno o di quello che era successo.
Rebecca
era sdraiata a fianco a me. Gli occhi chiusi segnati da profonde
occhiaie rivelavano la sua lunga battaglia per aiutarmi.
Non
volevo disturbarla, e cautamente le passai un braccio intorno alle
spalle stringendomela al petto.
Ero
consapevole di quanto avessi sofferto in quei giorni, ricordavo
vagamente il dolore che mi aveva attanagliato senza sosta e il
conforto della sua presenza e dei suoi baci.
Gli
ero riconoscente e timidamente la baciai sulla testa mentre lei
stirandosi come un gatto mi abbracciava stretto.
Quei
lunghi giorni passati assieme, il combattimento nel quale ci eravamo
salvati a vicenda più di una volta e infine la mia
convalescenza
avevano instaurato un legame d'affetto fortissimo.
Con
la mente ripercorsi quel poco che ricordavo e mi chiesi nuovamente
come era possibile che avessi visto mio padre. Eppure mi ricordavo i
suoi capelli, il suo sorriso tirato, la sua voce.
Scossi
la testa infastidito mentre con la mano accarezzavo la schiena del
mio simbionte. La sentii muoversi, e abbassai gli occhi.
“Buongiorno
Rebecca, come stai?” le chiesi sorridendole.
Lei
mi sorrise felice, mi baciò sulla guancia mentre si alzava e
andava
a prendere un qualcosa dallo scaffale.
Quando
si avvicinò vidi che aveva una boccetta contenente un
liquido quasi
finito. Prese un cucchiaio, lo riempì e me lo porse.
Mi
sentivo bene e la guardai socchiudendo gli occhi.
“Sto
bene, non ho bisogno di medicine” le sorrisi.
Lei
mi guardò preoccupata, poi mi porse nuovamente il cucchiaio.
“Devo
prenderla in ogni caso?” le chiesi dubbioso.
Lei
annui soddisfatta che avessi capito.
Sospirai
e ingoiai quel liquido schifoso. Era anche peggio di quanto me lo
ricordassi.
Subito
una fitta allo stomaco mi fece pentire della mia decisione, mentre la
nausea mi assaliva prepotente.
“Ma
cosa...” cercai di protestare mentre mi chiudevo a riccio
tenendomi
lo stomaco.
Lei
mi fece sdraiare e iniziò ad accarezzarmi la fronte.
La
scostai in malo modo, volevo alzarmi, mi sentivo malissimo, dovevo
andare a vomitare.
“Stai
sdraiato Edward” la voce di Ilmi mi fece sussultare. Doveva
essere
entrato in quel momento. Non l'avevo ancora visto e non poteva certo
passare inosservato. “E' la medicina, fra pochi minuti
passa.”
Lo
guardai mentre cercavo di ingoiare, ma avevo la bocca asciutta e
arida.
“Ti
succede tutte le volte. Siamo impazziti per riuscirti a dartela, ma
direi che ha fatto il suo effetto con successo. Quella era l'ultima
dose e adesso devi stare a letto almeno fino a domani sera, quindi
sdraiati e fai il bravo.”
Lo
guardai mentre aiutato da Rebecca mi sdraiavo nuovamente ubbidiente.
“Demetri
ti deve la vita, e anche le poche Guardie sopravvissute .
E questo grazie al tuo avvertimento altrimenti dubito che qualcuno di voi sarebbe tornato. Anche se come al solito hai fatto di testa tua rischiando la vita” sogghigno.
E questo grazie al tuo avvertimento altrimenti dubito che qualcuno di voi sarebbe tornato. Anche se come al solito hai fatto di testa tua rischiando la vita” sogghigno.
“Chi
è sopravvissuto?” chiesi titubante. Non ero certo
di volerlo
sapere.
“Della
tua squadra solo te, Rebecca e Demetri che ti deve la vita. Della
squadra di Felix se la sono cavata lui, Damiano , Damon e Katia.
Invece nella squadra di Jane lei è stata l'unica superstite e ovviamente non ha riportato nemmeno un graffio” sorrise sornione.
Invece nella squadra di Jane lei è stata l'unica superstite e ovviamente non ha riportato nemmeno un graffio” sorrise sornione.
“Ci
ha fatto dividere e avanzare nel bosco. L'avevo avvertita”
scossi
la testa dispiaciuto per tutte i miei compagni che erano morti.
“Lo
sappiamo. Felix e Demetri hanno fatto rapporto e Jane è
stata punita
severamente per aver fallito così” mi rispose
“Hanno
trovato Alec? Sono morti tutti i lupi?” chiesi curioso.
“Si.
Demetri alla fine ha trovato Alec. Non era nemmeno ferito, ma penso
che si ricorderà per sempre della sua prigionia. Non sono
stati
molto carini con lui. In quanto ai licantropi... Pensiamo che siano
morti tutti anche se non ne abbiamo la certezza. Grazie alla tua
famiglia la battaglia si è conclusa con una vittoria ma
l'abbiamo
pagata cara e avrebbe potuto finire in maniera molto diversa”
“Cosa
c'entra la mia famiglia?” gli chiesi ripensando ai dubbi che
mi avevano tormentato.
“Non
ricordi nulla Edward?” mi chiese inclinando la testa attento
alla
mia reazione.
“No,
Ilmi. Solo che stavo male e avevo bisogno di Rebecca” risposi
cercando di squarciare il velo della mia memoria.
“Sono
intervenuti loro Edward. C'era tuo padre, tua moglie e tre fratelli.
Sono stati molto bravi. Pare che tuo fratello, quello biondo, sia un abile combattente. Ha molto impressionato Demetri.” mi rispose sorridendo del mio sguardo confuso.
Sono stati molto bravi. Pare che tuo fratello, quello biondo, sia un abile combattente. Ha molto impressionato Demetri.” mi rispose sorridendo del mio sguardo confuso.
“C'era
Jasper? E Bella?” chiesi stupito
“Non
so come si chiamino. Edward” si scusò
“Perché
non me li avete fatti vedere? Perché li avete tenuti lontani
da me?”
chiesi agitato tirandomi a sedere.
Subito
le mani di Rebecca mi costrinsero a sdraiarmi nuovamente.
“Non
ti agitare. Tu non li hai visti, ma loro hanno visto te. E' stato tuo
padre a curarti e a occuparsi di te insieme agli altri.” mi
spiegò.
Lo
guardai. Non ricordavo nulla.
“Dove
sono loro adesso ?” gli chiesi cercando nuovamente di tirarmi
su.
“Stai
giù ragazzo. Sono andati via, Edward. Tu sei ritornato con
le
Guardie. Sei una di loro. Sei a Volterra” mi
spiegò paziente.
Loro
mi avevano visto. Papà mi aveva curato e c'era Bella. La mia
Bella.
“C'era
mia moglie ne sei sicuro?” chiesi sorridente all'idea che lei
si
fosse presa cura di me.
“Si
all'inizio... si” mi rispose titubante abbassando lo sguardo
“Ma
adesso devi riposare, non devi agitarti” tagliò
corto.
Il
tuo tono di voce però mi insospettii, cosa mi stava
nascondendo?
“Dimmi
Ilmi, ti prego. Perché solo all'inizio?” chiesi
preoccupato.
“Perché
ti ha visto baciarti con Rebecca. E ha capito che lei è
entrata nel
tuo cuore. Che ormai lei non conta più nulla per
te” la voce da
bambino di Alec era soddisfatta.
Mi
girai con lo sguardo vitreo mentre il significato delle sue parole
entrava nella mia mente.
Lui
mi guardò mentre avanzava nella mia stanza e
proseguì soddisfatto
del dolore che vedeva nei miei occhi “Tutti loro hanno
capito. Mi
hanno raccontato che se ne sono andati senza nemmeno salutarti. Eri
troppo intento a baciarti la tua Rebecca.”
Lo
guardavo, non riuscivo a capire le sue parole.
Io
non ...baciavo Rebecca. Non nel vero senso della parola.
Lei,
malgrado le volessi bene, era il mio simbionte non la mia compagna.
Come potevano aver dubitato di me? Dovevo spiegargli, dovevo
chiamarli. Subito!!
Mi
tirai su di scatto, ma le braccia forti di Ilmi mi bloccarono
“Dove
credi di andare Edward? Ti ho detto che devi stare a letto.”
“Devo
chiamarli, devo spiegarmi...Io...non...” non riuscivo a
parlare, a
fare una frase coerente, ero troppo agitato.
Alec
prosegui tranquillo “C'è poco da spiegare Edward.
Loro hanno
visto. Non ti crederanno mai. Rebecca ti ha baciato a lungo e tu non
facevi altro che chiamarla.” concluse sorridendomi
“Stai
zitto Alec. Cosa sei venuto a fare qui?” chiese Ilmi alzando
la
voce chiaramente infastidito dai discorsi del bel vampiro.
Lui
sbuffò “Sono venuto a chiamare te. C'è
una nuova classe di
neonati da addestrare. Sono abbastanza controllati e potete iniziare
il vostro lavoro. Dobbiamo rimpiazzare le Guardie perse al
più
presto” disse poi voltandosi verso di me “Riposati
Edward. Rebecca ti farà compagnia... molto
volentieri” e ridacchiando
uscii.
Io
guardai Ilmi “Dimmi che è tutto una bugia. Ti
prego” sussurrai.
“Purtroppo
è vero Edward. Loro ti hanno visto con Rebecca e non sanno
che è
il tuo simbionte” sorrise mesto “Adesso riposati, e
ubbidisci a
Rebecca. Quando sarai guarito, riuscirai ad aggiustare tutto”
cercò
di consolarmi mentre usciva dalla porta.
Rimasi
sdraiato con la mente sconvolta da quei discorsi.
“Cosa
ho fatto Rebecca?” le chiesi pur sapendo che non mi avrebbe
risposto “Ma come hanno potuto credere che io...”
non finii la
frase incapace di accettare l'accaduto.
Rebecca
mi prese il viso fra le mani guardandomi negli occhi.
I
miei occhi riflessi in lei, carichi della sofferenza dei giorni
passati, neri dalla sete che ci torturava e carichi di comprensione.
Poi con calma mi abbracciò stretto, iniziandomi ad
accarezzare
il viso e la fronte.
Il
contatto con lei, la sua sicurezza penetrarono come un balsamo nella
mia mente ferita e lentamente mi rilassai scivolando nel buio.
Ma
non c'erano cure per le ferite del mio cuore, nemmeno lei avrebbe mai
potuto donarmi quello che volevo.
La
certezza che loro avrebbero capito e perdonato.
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