Edward
Anche
l'ultimo giorno lo passammo come il precedente.
Dopo
il lavoro con Aro ci recammo nuovamente nel solito cortile.
Combattemmo
e combattemmo ancora. Io e Rebecca contro Ilmi e Kong. Ma i
risultati erano sconfortanti. E la colpa era la mia.
Era
estenuante. Ogniqualvolta vedevo Rebecca in difficoltà
perdevo
completamente la testa, incapace di fare altro che non correre a
proteggerla senza badare alle conseguenze.
A
nulla valevano i rimproveri dei miei due istruttori.
Quando
la vedevo in pericolo, mi disinteressavo completamente del mio
avversario e cercavo solo il modo di raggiungerla più
velocemente
possibile esponendomi a rischi inutili e facendomi abbattere
velocemente e tranquillamente da loro.
Lei
era più fredda e calcolatrice. Se mi vedeva in
difficoltà si
portava in mia protezione ma non si esponeva mai ai loro attacchi
dandomi così il tempo di riprendere a combattere.
Io
invece finivo in continuazione atterrato troppo distratto dal suo
comportamento, troppo attento a controllare dove fosse e i suoi
movimenti, per badare a cosa stavo facendo.
Ilmi
e Kong, mi sgridavano in continuazione, ma era più forte di
me.
“Adesso
basta Edward. Cerca di ragionare. Altrimenti non ti lasceremo
partire. Ti farai ammazzare e farai uccidere anche lei. E' questo che
vuoi?” Kong aveva perso la pazienza.
Mi
lasciai scivolare in ginocchio. Ero stanco e non volevo altro che le
sue carezze. Era un allenamento ma ogni volta sentivo il panico
invadermi al solo pensiero di vederla in un potenziale pericolo.
“Rebecca,
vai da lui e cerca di calmarlo” disse Ilmi senza nascondere
la
rabbia che provava nei miei confronti.
Lei
silenziosa come sempre si portò vicino a me e mi
abbracciò stretto.
Kong
si avvicinò guardandomi perplesso. Mi ero seduto per terra
con le
mani fra i capelli dispiaciuto e scoraggiato.
“Edward.
Così non può andare. C'è una cosa che
non capisco, però. Ieri
avete combattuto bene e sembrava che ci fosse una certa intesa nei
vostri corpi. Perché adesso non la senti più?
Dovresti essere in
grado di percepire i suoi movimenti anche senza vederla” si
era
seduto vicino a me, succhiando un filo d'erba e studiando il mio
viso.
“E'
più forte di me. Ho paura per lei.” mormorai con
la testa bassa.
“Lei
è più forte di te Edward. E' più
fredda e calcolatrice, senza
contare che ha ricevuto l'addestramento completo da Guardia. Se tu
fai la tua parte a lei non succederà nulla.” mi
rispose
studiandomi attentamente.
Mi
scocciava ammetterlo ma aveva ragione. Annui
“Riproviamo”
sibilai infuriato con me stesso per la mia debolezza. Non potevo
essere io a metterla in pericolo. Dovevo riuscire a controllarmi di
più.
Mi
impegnai al massimo ripetendomi in continuazione che non aveva
bisogno di me, che era più forte, che dovevo farcela. Non
potevo
mollare così, non dopo tutta la settimana di duro
allenamento a cui
mi ero sottoposto.
Andò
meglio e lentamente riuscii a prendere coscienza della sua presenza.
Riuscivo
a sentire dov'era anche se non la vedevo. La sentivo e la percepivo
come se fosse un prolungamento di me. Potevo avvertire le sue mosse,
sentire i suoi movimenti prima che li facesse e adeguare i miei ai
suoi.
Il
problema più grosso, presto, fu quello di non distanziarci
più di
tanto.
Senza
volere a volte superavo il limite di spazio che il mio corpo
consentiva e dimentico delle conseguenze crollavo a terra incapace
di difendermi.
Ci
volle tutto il giorno e solo a tarda notte ci congedarono senza dirci
se ci avrebbero mandato in missione o meno.
Quando
entrai in camera, andai a farmi una doccia per cercare di sciogliere
i muscoli e la tensione della giornata. Poi ancora in boxer mi
distesi sul letto. Ero ancora nervoso e teso. Mi ero stancato
tantissimo e non riuscivo a calmarmi. Troppe emozioni contrastanti
percorrevano la mia mente e il mio corpo era ancora in tensione
incapace di trovare il necessario riposo.
Rebecca,
dopo essersi
lavata anche lei si fermò a scrutarmi sospettosa, mi vedeva
agitato
e questo non doveva piacerle molto. A un certo punto si
sdraiò
vicino e me e iniziò ad accarezzarmi dolcemente la testa. Il
suo
intento era quello di tranquillizzarmi ma... io mi voltai e vidi i
suoi occhi rossi velati di nero guardarmi preoccupati. Era vicino a
me, e potevo sentire la sua pelle attraverso la sua maglietta pulita
aderire al mio petto nudo. Il suo fiato farmi il solletico
all'orecchio.
Senza
rendermene conto le
feci una carezza sulla testa e avvicinai il suo viso al mio.
Mi
sentivo eccitato.
La
sua presenza e il suo
tocco erano diventati familiari, ormai ne avevo bisogno come di una
droga. La preoccupazione di poterla perdere in battaglia mi
tormentava. Il mio pensiero volò al mio amore. A quell'amore
che
troppe volte avevo rischiato di perdere. Alla mia Bella alle nostre
notti di passione infinite e... senza capire cosa stavo facendo
realmente mi girai sul fianco portandomi sopra a Rebecca e posai le
mie labbra sulle sue, pronto a farla mia. Nessuno poteva portarmela
via, lei era mia!
Lei
si irrigidì
scostandomi con forza. Lo sguardo severo e offeso.
“Scusa
Rebecca”
mormorai mentre allontanandomi mi rendevo conto che avevo lei tra
le mie braccia e non la mia Bella.
Una
fitta di dolore mi
colpì quando guardandola negli occhi, nei miei occhi che ora
non
erano più rosso rubino ma velati dal nero della sete, mi
resi
conto che stavo dimenticando Bella e la mia famiglia.
Era
tutta la settimana ormai che la mia mente era diretta ad altro, e loro
non erano più
al centro dei miei pensieri e delle mie preoccupazioni. Bella era un
nome, un corpo, non più il centro del mio universo. Non
più la mia
vita stessa. Potevo vivere senza di lei... Ma non senza Rebecca.
Presi fiato per cercare
di riordinare le idee sconvolto da quella verità e con
orrore improvvisamente fui conscio che non stavo dimenticando loro, in
realtà, ma me stesso.
Mi stavo perdendo dentro Volterra.
Ero diventato un vero vampiro, una vera Guardia al servizio dei miei Signori.
Mi stavo perdendo dentro Volterra.
Ero diventato un vero vampiro, una vera Guardia al servizio dei miei Signori.
Spaventato
da quelle
considerazioni mi alzai con il bisogno di uscire da quella stanza, di
fuggire lontano da me stesso. Mi sentivo soffocare, mi sembrava che
le pareti si fossero rinchiuse su di me imprigionandomi.
Rebecca
rimase ferma a
fissarmi dispiaciuta e confusa da quella marea di emozioni
contrastanti e disperate.
La
guardai, la schiena
appoggiata alla porta, mentre sentivo crescere in me un enorme
confusione.
“Scusami.
Non so cosa
mi ha preso... io...” Non riuscivo a parlare, a capire cosa
mi
stesse succedendo.
Lei
si avvicinò e mi abbracciò, e come se fossi stato
un bambino piccolo mi condusse
nuovamente sul letto facendomi sdraiare mentre abbracciandomi
provava a consolare i singhiozzi disperati che mi scuotevano senza
che riuscissi a bloccarli o a capirne il perché.
Probabilmente fu
la tensione e la stanchezza di quei giorni a farmi crollare
emotivamente ma fu in quella posizione che due ore dopo ci
trovò
Felix quando venne a prendermi per portarmi da Aro.
Ero
stato convocato ma
non mi importava. Ero come svuotato e tristemente mi avviai al mio
destino, qualunque esso fosse. Come una mucca viene condotta ignara
al mattatoio così io seguii Felix docile e inerme.
Avrei
fatto il mio dovere
e se Aro avesse voluto sarei partito in battaglia.
Avrei
combattuto per la
mia Razza, per le Guardie, per i Signori di Volterra e per Rebecca.
Ma
non per me!!
Chi
ero io? Cosa ero
diventato?
Quelle
domande iniziarono
a ronzarmi in testa e li sarebbero rimaste inascoltate e senza
risposte fino a che travolto dagli eventi non mi sarei trovato ad
affrontare una scelta che rischiava di cambiare la mia vita per
sempre.
Carlisle
Li
trovammo nel bosco. Renesmee stava finendo di dissanguare un cervo
con Jasper vicino che ridacchiava con Jacob.
La
stavano prendendo in giro dal momento che la nostra adorata nipotina
si era sporcata il vestito nuovo.
“Ahia,
Nessi. C'è Alice. Sei fritta. Le hai rovinato il vestito che
ti ha
comprato nuovo” Jacob sogghignava guardandoci avvicinarci.
“C'è
qualcosa che non va.” affermò Jasper, che doveva
aver captato la
nostra tensione.
Veloce
ci corse incontro abbracciando Alice con fare protettivo.
“Che
succede Alice ? Hai visto qualcosa?” le domandò
ansioso.
Lei
si limitò ad annuire e decisa si portò davanti a
Jacob che stava
sbaciucchiando Renesmee.
“Jacob”
la sua voce era un sussurro.
“Che
c'è streghetta... Non ho fatto nulla con Nessi. Ve lo
giuro” si
giustificò nel vedere le nostre arie serie.
“Jacob...
Billy sta morendo. Devi tornare a La Push immediatamente” la
voce
di Alice era carica di tristezza e dolore.
Ci
misi un attimo ad afferrare le sue parole. E anche Jacob la
guardò
stupita incapace di capire che cosa lei gli stesse dicendo.
“No.
Non può essere. Non è possibile” il
dolore arrivò insieme alla
comprensione travolgendolo.
Poi
gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre Renesmee lo abbracciava
teneramente cercando di consolarlo.
“Alice
ha ragione. Dobbiamo partire anche noi non possiamo lasciarlo
solo.” annunciai, abbracciando Bella.
Tornammo
a casa tutti velocemente. I legami con i licantropi erano molto
forti. Troppe volte ci avevano aiutato. Senza contare che ormai
consideravamo Jacob uno di noi, uno della famiglia. E la famiglia era
sempre stata unita e lo sarebbe stato anche in questo caso.
Saremmo
andati tutti e ci saremmo scusati per l'assenza di Edward.
Bella
era tristissima e condivideva il dolore con Jacob che era quasi in
stato di shock. Era stato lontano da casa per troppo tempo, dando
per scontato che Billy sarebbe rimasto là ad aspettarlo.
Vivere
con degli immortali gli aveva fatto dimenticare che il tempo passa e le
persone comuni muoiono e Billy non era ne un vampiro ne un
licantropo.
Così
saremmo tornati a Forks, a dove tanti anni prima era iniziata la
storia d'amore di Edward.
Ma
saremmo tornati senza di lui.
Guardai
di sottecchi Bella, anche per lei sarebbe stato strano ritornare in
quel paese dove tanto aveva trovato e perso.
Avevamo
fatte le valigie. Poche cose, non ci saremmo fermati più di
una
settimana.
Stavo
caricando la Cayenne Turbo che mi ero comprato nuova fiammante per
recarci in aeroporto quando vedemmo Alice sgranare gli occhi e
aggrapparsi a Jasper come se fosse stata travolta da una valanga.
“E
adesso che succede” mi chiese Emmett socchiudendo gli occhi
mentre
osservava Alice aggrappata a Jasper.
Lei
si riscosse e ci guardò. I suoi occhi erano dilatati in
maniera
innaturale. Aveva visto qualcosa di terribile. Non avevo dubbi.
“Alice”
le mormorai ansioso
Lei
si voltò e ci guardò senza dire una parola.
Poi
prese coraggio e fissandoci mormorò “ Dobbiamo
dividerci. Qualcuno
deve andare ad aiutare Edward. Avevate ragione tu e Jasper,
papà. Edward non stava giocando ma si stava preparando alla
battaglia
che coinvolgerà Guardie e Licantropi. E lui
morirà se noi non
interverremo per aiutarlo, per cambiare il destino già
scritto e
le decisioni già prese.”
La
guardai e un brivido mi scese lungo la schiena. Licantropi. La sola
parola mi fece tremare mentre disperato stringevo la mano alla mia
Esme. La dolce Esme. La mia ragione di vita.
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