martedì 12 febbraio 2013

NV Capitolo 26 - Divisioni

Edward
Anche l'ultimo giorno lo passammo come il precedente.
Dopo il lavoro con Aro ci recammo nuovamente nel solito cortile.
Combattemmo e combattemmo ancora. Io e Rebecca contro Ilmi e Kong. Ma i risultati erano sconfortanti. E la colpa era la mia.
Era estenuante. Ogniqualvolta vedevo Rebecca in difficoltà perdevo completamente la testa, incapace di fare altro che non correre a proteggerla senza badare alle conseguenze.
A nulla valevano i rimproveri dei miei due istruttori.
Quando la vedevo in pericolo, mi disinteressavo completamente del mio avversario e cercavo solo il modo di raggiungerla più velocemente possibile esponendomi a rischi inutili e facendomi abbattere velocemente e tranquillamente da loro.
Lei era più fredda e calcolatrice. Se mi vedeva in difficoltà si portava in mia protezione ma non si esponeva mai ai loro attacchi dandomi così il tempo di riprendere a combattere.
Io invece finivo in continuazione atterrato troppo distratto dal suo comportamento, troppo attento a controllare dove fosse e i suoi movimenti, per badare a cosa stavo facendo.
Ilmi e Kong, mi sgridavano in continuazione, ma era più forte di me.
“Adesso basta Edward. Cerca di ragionare. Altrimenti non ti lasceremo partire. Ti farai ammazzare e farai uccidere anche lei. E' questo che vuoi?” Kong aveva perso la pazienza.
Mi lasciai scivolare in ginocchio. Ero stanco e non volevo altro che le sue carezze. Era un allenamento ma ogni volta sentivo il panico invadermi al solo pensiero di vederla in un potenziale pericolo.
“Rebecca, vai da lui e cerca di calmarlo” disse Ilmi senza nascondere la rabbia che provava nei miei confronti.
Lei silenziosa come sempre si portò vicino a me e mi abbracciò stretto.
Kong si avvicinò guardandomi perplesso. Mi ero seduto per terra con le mani fra i capelli dispiaciuto e scoraggiato.
“Edward. Così non può andare. C'è una cosa che non capisco, però. Ieri avete combattuto bene e sembrava che ci fosse una certa intesa nei vostri corpi. Perché adesso non la senti più? Dovresti essere in grado di percepire i suoi movimenti anche senza vederla” si era seduto vicino a me, succhiando un filo d'erba e studiando il mio viso.
“E' più forte di me. Ho paura per lei.” mormorai con la testa bassa.
“Lei è più forte di te Edward. E' più fredda e calcolatrice, senza contare che ha ricevuto l'addestramento completo da Guardia. Se tu fai la tua parte a lei non succederà nulla.” mi rispose studiandomi attentamente.
Mi scocciava ammetterlo ma aveva ragione. Annui “Riproviamo” sibilai infuriato con me stesso per la mia debolezza. Non potevo essere io a metterla in pericolo. Dovevo riuscire a controllarmi di più.
Mi impegnai al massimo ripetendomi in continuazione che non aveva bisogno di me, che era più forte, che dovevo farcela. Non potevo mollare così, non dopo tutta la settimana di duro allenamento a cui mi ero sottoposto.
Andò meglio e lentamente riuscii a prendere coscienza della sua presenza.
Riuscivo a sentire dov'era anche se non la vedevo. La sentivo e la percepivo come se fosse un prolungamento di me. Potevo avvertire le sue mosse, sentire i suoi movimenti prima che li facesse e adeguare i miei ai suoi.
Il problema più grosso, presto, fu quello di non distanziarci più di tanto.
Senza volere a volte superavo il limite di spazio che il mio corpo consentiva e dimentico delle conseguenze crollavo a terra incapace di difendermi.

Ci volle tutto il giorno e solo a tarda notte ci congedarono senza dirci se ci avrebbero mandato in missione o meno.
Quando entrai in camera, andai a farmi una doccia per cercare di sciogliere i muscoli e la tensione della giornata. Poi ancora in boxer mi distesi sul letto. Ero ancora nervoso e teso. Mi ero stancato tantissimo e non riuscivo a calmarmi. Troppe emozioni contrastanti percorrevano la mia mente e il mio corpo era ancora in tensione incapace di trovare il necessario riposo.
Rebecca, dopo essersi lavata anche lei si fermò a scrutarmi sospettosa, mi vedeva agitato e questo non doveva piacerle molto. A un certo punto si sdraiò vicino e me e iniziò ad accarezzarmi dolcemente la testa. Il suo intento era quello di tranquillizzarmi ma... io mi voltai e vidi i suoi occhi rossi velati di nero guardarmi preoccupati. Era vicino a me, e potevo sentire la sua pelle attraverso la sua maglietta pulita aderire al mio petto nudo. Il suo fiato farmi il solletico all'orecchio.
Senza rendermene conto le feci una carezza sulla testa e avvicinai il suo viso al mio.
Mi sentivo eccitato.
La sua presenza e il suo tocco erano diventati familiari, ormai ne avevo bisogno come di una droga. La preoccupazione di poterla perdere in battaglia mi tormentava. Il mio pensiero volò al mio amore. A quell'amore che troppe volte avevo rischiato di perdere. Alla mia Bella alle nostre notti di passione infinite e... senza capire cosa stavo facendo realmente mi girai sul fianco portandomi sopra a Rebecca e posai le mie labbra sulle sue, pronto a farla mia. Nessuno poteva portarmela via, lei era mia!
Lei si irrigidì scostandomi con forza. Lo sguardo severo e offeso.
“Scusa Rebecca” mormorai mentre allontanandomi mi rendevo conto che avevo lei tra le mie braccia e non la mia Bella.
Una fitta di dolore mi colpì quando guardandola negli occhi, nei miei occhi che ora non erano più rosso rubino ma velati dal nero della sete, mi resi conto che stavo dimenticando Bella e la mia famiglia.
Era tutta la settimana ormai che la mia mente era diretta ad altro, e loro non erano più al centro dei miei pensieri e delle mie preoccupazioni. Bella era un nome, un corpo, non più il centro del mio universo. Non più la mia vita stessa. Potevo vivere senza di lei... Ma non senza Rebecca.
Presi fiato per cercare di riordinare le idee sconvolto da quella verità e con orrore improvvisamente fui conscio che non stavo dimenticando loro, in realtà, ma me stesso.
Mi stavo perdendo dentro Volterra.
Ero diventato un vero vampiro, una vera Guardia al servizio dei miei Signori.

Spaventato da quelle considerazioni mi alzai con il bisogno di uscire da quella stanza, di fuggire lontano da me stesso. Mi sentivo soffocare, mi sembrava che le pareti si fossero rinchiuse su di me imprigionandomi.
Rebecca rimase ferma a fissarmi dispiaciuta e confusa da quella marea di emozioni contrastanti e disperate.
La guardai, la schiena appoggiata alla porta, mentre sentivo crescere in me un enorme confusione.

“Scusami. Non so cosa mi ha preso... io...” Non riuscivo a parlare, a capire cosa mi stesse succedendo.
Lei si avvicinò e mi abbracciò, e come se fossi stato un bambino piccolo mi condusse nuovamente sul letto facendomi sdraiare mentre abbracciandomi provava a consolare i singhiozzi disperati che mi scuotevano senza che riuscissi a bloccarli o a capirne il perché. Probabilmente fu la tensione e la stanchezza di quei giorni a farmi crollare emotivamente ma fu in quella posizione che due ore dopo ci trovò Felix quando venne a prendermi per portarmi da Aro.

Ero stato convocato ma non mi importava. Ero come svuotato e tristemente mi avviai al mio destino, qualunque esso fosse. Come una mucca viene condotta ignara al mattatoio così io seguii Felix docile e inerme.
Avrei fatto il mio dovere e se Aro avesse voluto sarei partito in battaglia.
Avrei combattuto per la mia Razza, per le Guardie, per i Signori di Volterra e per Rebecca.
Ma non per me!!
Chi ero io? Cosa ero diventato?
Quelle domande iniziarono a ronzarmi in testa e li sarebbero rimaste inascoltate e senza risposte fino a che travolto dagli eventi non mi sarei trovato ad affrontare una scelta che rischiava di cambiare la mia vita per sempre.

Carlisle

Li trovammo nel bosco. Renesmee stava finendo di dissanguare un cervo con Jasper vicino che ridacchiava con Jacob.
La stavano prendendo in giro dal momento che la nostra adorata nipotina si era sporcata il vestito nuovo.
“Ahia, Nessi. C'è Alice. Sei fritta. Le hai rovinato il vestito che ti ha comprato nuovo” Jacob sogghignava guardandoci avvicinarci.
“C'è qualcosa che non va.” affermò Jasper, che doveva aver captato la nostra tensione.
Veloce ci corse incontro abbracciando Alice con fare protettivo.
“Che succede Alice ? Hai visto qualcosa?” le domandò ansioso.
Lei si limitò ad annuire e decisa si portò davanti a Jacob che stava sbaciucchiando Renesmee.
“Jacob” la sua voce era un sussurro.
“Che c'è streghetta... Non ho fatto nulla con Nessi. Ve lo giuro” si giustificò nel vedere le nostre arie serie.
“Jacob... Billy sta morendo. Devi tornare a La Push immediatamente” la voce di Alice era carica di tristezza e dolore.
Ci misi un attimo ad afferrare le sue parole. E anche Jacob la guardò stupita incapace di capire che cosa lei gli stesse dicendo.
“No. Non può essere. Non è possibile” il dolore arrivò insieme alla comprensione travolgendolo.
Poi gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre Renesmee lo abbracciava teneramente cercando di consolarlo.
“Alice ha ragione. Dobbiamo partire anche noi non possiamo lasciarlo solo.” annunciai, abbracciando Bella.

Tornammo a casa tutti velocemente. I legami con i licantropi erano molto forti. Troppe volte ci avevano aiutato. Senza contare che ormai consideravamo Jacob uno di noi, uno della famiglia. E la famiglia era sempre stata unita e lo sarebbe stato anche in questo caso.
Saremmo andati tutti e ci saremmo scusati per l'assenza di Edward.

Bella era tristissima e condivideva il dolore con Jacob che era quasi in stato di shock. Era stato lontano da casa per troppo tempo, dando per scontato che Billy sarebbe rimasto là ad aspettarlo.
Vivere con degli immortali gli aveva fatto dimenticare che il tempo passa e le persone comuni muoiono e Billy non era ne un vampiro ne un licantropo.
Così saremmo tornati a Forks, a dove tanti anni prima era iniziata la storia d'amore di Edward.
Ma saremmo tornati senza di lui.
Guardai di sottecchi Bella, anche per lei sarebbe stato strano ritornare in quel paese dove tanto aveva trovato e perso.
Avevamo fatte le valigie. Poche cose, non ci saremmo fermati più di una settimana.
Stavo caricando la Cayenne Turbo che mi ero comprato nuova fiammante per recarci in aeroporto quando vedemmo Alice sgranare gli occhi e aggrapparsi a Jasper come se fosse stata travolta da una valanga.
“E adesso che succede” mi chiese Emmett socchiudendo gli occhi mentre osservava Alice aggrappata a Jasper.
Lei si riscosse e ci guardò. I suoi occhi erano dilatati in maniera innaturale. Aveva visto qualcosa di terribile. Non avevo dubbi.
“Alice” le mormorai ansioso
Lei si voltò e ci guardò senza dire una parola.
Poi prese coraggio e fissandoci mormorò “ Dobbiamo dividerci. Qualcuno deve andare ad aiutare Edward. Avevate ragione tu e Jasper, papà. Edward non stava giocando ma si stava preparando alla battaglia che coinvolgerà Guardie e Licantropi. E lui morirà se noi non interverremo per aiutarlo, per cambiare il destino già scritto e le decisioni già prese.”
La guardai e un brivido mi scese lungo la schiena. Licantropi. La sola parola mi fece tremare mentre disperato stringevo la mano alla mia Esme. La dolce Esme. La mia ragione di vita.

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