martedì 12 febbraio 2013

CNS Capitolo 3 Il morso di Rebecca

Edward

Mancavano quindici giorni al 2 Dicembre e tutte le donne di casa sembravano impazzite. Alice alla fine aveva preso il sopravvento e continuava a dare ordini a tutti.
Io non ce la facevo più.
Odiavo quella confusione e più ancora i vari impegni che tenevano Bella spesso lontano da me costringendomi a cercare conforto e compagnia nei miei genitori.
Ma ancora di più ero angosciato per la mia bambina.
Ero purtroppo stato consapevole fin dalla sua nascita che questo giorno sarebbe arrivato presto, ma malgrado questo non riuscivo ad accettare quello che stava succedendo.
Ero egoista ed apprensivo in maniera assurda. Sapevo che Jacob non le avrebbe mai fatto del male, che l'amava profondamente. Ma il mio istinto di Vampiro si ribellava all'idea che mia figlia finisse in sposa a un Licantropo.
Se Bella avesse saputo quello che pensavo mi avrebbe smembrato, ma non potevo farci nulla. Era più forte di me e l'istinto risvegliato a Volterra, mi costringeva ad un autocontrollo ancora maggiore.

Uscii in giardino. Bella era fuori con tutte le donne di famiglia e i miei fratelli erano andati a caccia approfittando dell'ennesima giornata nuvolosa.
Il senso di panico si stava ingigantendo in maniera tremenda e quando sentii la mano di mio padre sulla mia spalla tirai un sospiro di sollievo.
Tutto bene Edward?” mi disse sorridendomi.
Si grazie, papà” annui.
Dopo l'accordo preso con Bella gli avevo raccontato della nostra decisione e non avevamo più parlato del problema.
Forse anche lui era convinto che con il tempo le cose si sarebbero aggiustate.
Ma si sbagliava come si era sbagliata Bella.
Invece che andare meglio era sempre peggio. E il mostro dentro di me si agitava inquieto, stuzzicato dalla gelosia verso Jacob.
Sentì la sua mano stringersi sulle mie spalle, non era un lettore del pensiero ma sicuramente il suo amore per me gli faceva percepire la mia inquietudine.
Edward... come stai?” mi chiese portandosi vicino a me senza levare il braccio dalla mia spalla.
Ingoiai il veleno e scossi la testa.
Sono nervoso come tutti... e ho paura di perdere Nessi” aggiunsi a bassa voce.
Lo vidi annuire e sorridere. “Su questo ne ero certo” rispose quasi divertito “Ma io intendevo con l'altro problema” aggiunse cercando i miei occhi.
Evitai il suo sguardo, mi vergognavo.
Edward... ti dispiace venire nel mio studio un attimo... vorrei parlarti” mi disse stringendo la presa su di me e spingendomi dolcemente verso le scale.
Sospirai e annui. Se mi voleva parlare c'era una ragione precisa, e qualsiasi cosa mi avrebbe detto, dovevo starlo a sentire.
Eravamo soli in casa e probabilmente era un po' di tempo che aspettava quest'occasione.
Sempre tenendomi per la spalla mi condusse nel suo studio e senza lasciarmi chiuse la porta dietro di se.
Mi avviai verso la sedia di fronte alla sua scrivania e mi sedetti. Entrai veloce nella sua mente, ma vi trovai l'elenco di quello contenuto nella sua borsa.
Mi scappò un sorriso e ne uscii veloce.
Invece di andare a sedersi sulla seggiola si sistemò sul bordo della scrivania di fronte a me e la sua mano scivolò sul mio braccio.
Va sempre peggio vero Edward?” disse cercando i miei occhi.
Lo guardai ingoiando a vuoto e annui.
Quello che non capisco è il perché!” continuò sempre guardandomi “è da quando ho capito quello che ti succede che ci penso, ma non trovo una spiegazione.”
Sospirai “Non riesco a capire neanch'io” mormorai avvilito.
Mi vuoi spiegare esattamente cosa ti succede? Magari parlandone riusciamo a trovare un perché o una soluzione” continuò risoluto.
E' strano. E' come se mi sentissi solo, abbandonato. Per quante persone ho intorno o vicino ho bisogno di un contatto fisico. E sto male fisicamente come quando ero lontano da... lei” cercai di spiegare.
Quello che non riesco a capire Edward, è se è un qualcosa di fisico o di testa. Quale dei due influenza l'altro?? Hai studiato medicina, non riesci a capirlo??”
Scossi la testa, depresso. “Non lo so. So solo che mi viene a mancare un qualcosa. E che sono in pensiero per lei. Non posso abbandonarla là. Non aveva mai parlato prima e con me l'ha fatto. E mi ha chiesto di non dimenticarla.” cercai di spiegargli, ma mi rendevo conto quanto fosse impossibile dal momento che io stesso non capivo cosa mi stesse succedendo.
Lui annui pensieroso poi mi sorrise “Edward, posso vedere ancora la cicatrice. Ti fa ancora male il suo morso?” mi chiese dolcemente.
Lo guardai un po' stupito poi il suo pensiero mi colpì come un pugno nello stomaco.
Credi che mi abbia messo un qualcosa dentro?” chiesi stupito dal suo pensiero.
Non lo so, figliolo. Ma il fatto che continui a farti male non è normale. Forse se ci do un occhiata più approfondita riusciamo a trovare la soluzione al mistero che la circonda” mi disse sorridendomi.
Forse aveva ragione, era una possibilità.
Annui e iniziai a sbottonarmi la camicia.
Lui scosse la testa. “Siediti sul lettino. E' più comodo” mi disse alzandosi.
Lo imitai e accompagnato da lui mi sedetti sul lettino, poi mi sfilai la camicia restando a torso nudo.
Lui si avvicinò e iniziò a studiare la cicatrice con gli occhi stretti.
Non ho mai visto nulla di simile. Sembra quasi risplendere ed è identica a quando sei tornato a casa. Avrebbe dovuto sbiadirsi in questi mesi” constatò ad alta voce. Non sapevo se parlava con me o con se stesso, per cui rimasi in silenzio.
Se ti faccio troppo male dimmelo Edward, che mi fermo” mi disse a bassa voce mentre le sue mani si portavano sulla mia spalla con un tocco leggero.
Quando provò a schiacciare la ferita un gemito mi sfuggì dalle labbra che tenevo chiuse perché non volevo ostacolare la sua visita.
Lui le levò subito permettendomi di prendere nuovamente fiato.
L'ho appena sfiorata” constatò pensoso “non avresti dovuto sentire male” si giustificò in ansia per me.
Vai avanti, posso farcela” sibilai. Volevo andare fino in fondo. Se mio padre aveva ragione sarei stato finalmente libero.
Lui scosse la testa e si avvio a frugare nel suo armadietto.
Io rimasi lì seduto con la testa bassa e il respiro affannoso.
Fece in un attimo e la sua mano si posò sul mio braccio.
Stai tranquillo Edward. Cerca di rilassarti” mi disse dandomi il tempo di calmarmi. Poi mi fece una carezza sui capelli “Sdraiati sarà più facile per entrambi” ubbidii.
Avevo sempre avuto fiducia in lui e dovevo continuare ad averne.
Non mi avrebbe mai fatto male volontariamente ed era troppo importante quello che voleva fare.
Lo vidi prendere quello che sembrava un gel per i capelli e uno strano apparecchio. “E' una macchina per fare le ecografie molto particolare e altamente specializzata, l'ultima innovazione, voglio vedere se dentro la ferita c'è qualche corpo estraneo” mi spiegò mentre mi prendeva la mano sinistra e ci versava quel liquido vischioso. “Mettilo tu sulla ferita così sentirai meno male”.
Ubbidii in silenzio. Quando ebbi finito mi porse un asciugamano asciutto per pulirmi la mano e si avvicino piano. Poi iniziò a passarmi l'apparecchio sulla cicatrice guardando sul suo monitor i risultati.
Ci mise pochissimo e mentre lo riponeva mi porse nuovamente l'asciugamano “Pulisciti . Non c'è nessun corpo estraneo nella spalla”
Ubbidii nuovamente chiedendomi se la cosa fosse un bene oppure no.
A interrompere i miei pensieri fu di nuovo lui.
C'è solo un ultima prova che dovremmo fare” mi disse dandomi la schiena. Gli entrai veloce in testa e quello che vidi mi spaventò.
Mi vuoi incidere la spalla? Perché?” gli chiesi consapevole che il dolore sarebbe stato fortissimo.
Perché a questo punto penso che ci sia una sacca di veleno non assorbita sotto la pelle” mi disse voltandosi e sospirando. “E' solo una possibilità ma spiegherebbe il perché ti fa ancora male dopo tutto questo tempo e il tuo comportamento anomalo.”
Il veleno mi salì in bocca, ero preoccupato.
Ovviamente non ho antidolorifici come per gli umani e quindi se non vuoi non ti forzerò. Anche perché... non sono sicuro che la mia teoria sia giusta.” continuò facendomi un sorriso tirato.
Se credi che ci possa anche solo essere una possibilità...” lasciai la frase in sospeso.
Lui annui “Si , una possibilità c'è, che io abbia ragione. Vedi è solo un ipotesi ma in tutto questo tempo ho fatto delle ricerche e credo che ci possa essere una possibilità concreta.”.
Allora fallo” sospirai
Lui annui e si voltò a cercare un bisturi affilato. Non gli chiesi che cos'era, sapevo benissimo che proveniva da qualche dente di licantropo.
Presi fiato e chiusi gli occhi mentre con le mani stringevo il bordo del lettino.
Adesso stai fermo più che puoi” sentii la sua voce calda e rassicurante.
Cercai di rilassarmi ma quando la lama incise la cicatrice un urlo sfuggì dalle mie labbra. Cercai di mordermi le labbra e il veleno iniziò a uscire dalla mia bocca mentre le mie dita stringevano il bordo del letto che si stava deformando sotto di esse.
Lui proseguì con l'incisione e poi scostò i due lembi di carne.
Un altro ringhio mi sfuggì dalle labbra mentre capivo il perché avesse aspettato che la casa fosse vuota.
Ecco, guarda” mi disse.
Aprii gli occhi con difficoltà, avevo un male tremendo e stentavo a non urlare mentre vidi dalla cicatrice aperta uscire un liquido argentato. Il veleno di Rebecca colò sulla spalla come fuoco liquidò e un altro gemito mi sfuggì dalle labbra. Vidi Carlisle, asciugarlo e quando aprì di nuovo la ferita per fare uscire il resto chiusi gli occhi cercando di non pensare a nulla, di fare il vuoto intorno a me.

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