Carlisle
Erano
passati sei mesi da
quando Edward era ritornato a casa e soltanto ieri aveva trovato il
coraggio di andare per la prima volta all'università con gli
altri
per assistere alla laurea di Jacob.
Era
stata dura.
Non
pensavo che Volterra
lo avrebbe condizionato tanto.
Per
riabituarsi al sangue
animale ci aveva messo tantissimo, troppo.
I
primi sei giorni li
aveva passati chiuso in camera. Bella non lo aveva mai lasciato solo
e non era certo un mistero come avessero passato le nottate. Anche
noi di giorno a turno andavamo a fargli compagnia, solo Renesmee e
Jacob avevano il divieto di vederlo. Il mio ragazzo aveva bisogno di
riposarsi e rilassarsi lontano dalle tentazioni del sangue umano e
dai tristi pensieri che lo avevano assillato in quei tre mesi. E
l'amore della sua Bella era sicuramente la medicina migliore che
potesse avere.
Poi
quando la medicina
di Angela aveva finito il suo effetto e la sua temperatura era
tornata finalmente normale avevamo iniziato a portarlo a caccia nei
boschi intorno alla casa. I primi tempi ogni tanto gli permettevo di
bere il sangue che avevo di scorta, anche perché faceva
fatica ad
accettare l'alimentazione animale e a usare il suo istinto nel bosco.
Poi gradatamente si adeguò alla nuova dieta anche se ci
rendevamo
conto che faceva una fatica enorme a trattenersi.
Aro
gli aveva risvegliato
il vampiro in lui e adesso imprigionarlo nuovamente era difficile.
Solo
Jasper riusciva a
capirlo appieno e il suo aiuto ed incoraggiamento fu determinante.
Spesso
quando pensavamo
che avesse lasciato la bramosia di sangue umano alle spalle il
mostro prendeva il sopravvento e lui perdeva nuovamente la sicurezza
in se stesso.
Solo
la nostra vigilanza
aveva impedito tragedie.
Ma
adesso finalmente si
sentiva sicuro di aver imprigionato nuovamente il mostro ed ero certo
che potesse riprendere la sua vita normale.
E
presto avremmo
assistito al matrimonio di Jacob e Nessi che avevamo rimandato per
permettere ad Edward di riprendersi in pieno.
Ma
questo dell'alimentazione non era l'unico problema.
Era
stato il più grande,
il più evidente. Ma non era l'unico.
Avevo
passato diverso
tempo a studiarlo di nascosto e ancora adesso c'erano alcune cose che
mi preoccupavano.
L'unica
ad esserne al
corrente era Esme. Lei era l'unica con cui ne avessi parlato e a
malincuore mi aveva dato ragione.
Il
suo comportamento
apparentemente era tornato ad essere normale. Giocava e scherzava con
i fratelli. Studiava e cacciava tranquillamente.
Ma
era cambiato in
maniera sottile.
Il
suo modo di muoversi
era diverso. Sembrava più sicuro di sé e
sospettavo che la cosa fosse dovuto al misurare ogni suo gesto. Si
controllava in
continuazione stando attento a ogni suo movimento.
Non
aveva più combattuto
per gioco con nessuno e ogniqualvolta che veniva provocato o subiva
ridendo o si allontanava con una scusa. Probabilmente aveva paura di
sé, paura di perdere il controllo, paura di quello che era
diventato: una Guardia addestrata.
Anche
nei confronti di
Bella era cambiato. Non la lasciava mai, e soprattutto cercava in
continuazione un contatto fisico con lei. Sembrava una calamita
attaccata a un frigorifero, sembrava che per lui la lontananza da
lei fosse quasi una sofferenza fisica.
Con
Esme avevamo notato
che quando per qualche motivo perdeva il contatto con il suo amore
, anche solo per pochi minuti, sul suo viso appariva una smorfia di
panico e si agitava inquieto e preoccupato.
Sembrava
quasi che
avesse paura a rimanere da solo.
Più
di una volta Esme
facendo finta di niente, quando lo vedeva da solo e smarrito, con
una scusa lo prendeva per mano fornendogli quell'appiglio di cui
aveva disperatamente bisogno.
Il
suo volto allora si
distendeva e un sorriso timido si disegnava sulle sue labbra mentre
lo vedevamo ritornare sereno.
Non
erano comportamenti
normali e anzi mi preoccupavano non poco ma mai quanto la tristezza
che ultimamente ogni tanto appariva sul suo viso.
Quando
era convinto che
nessuno lo vedesse i suoi occhi si perdevano nel vuoto a pensare a
chissà cosa.
Assorto
e pensoso potevo
vedere un dolore nascosto velargli gli occhi pronto a scomparire
appena qualcuno lo riportava alla realtà mentre distratto si
portava
la mano sinistra a massaggiarsi la spalla destra. Sapevo che la
cicatrice di Rebecca faceva ancora male ma speravo che con il tempo
anche quella sarebbe guarita.
A
cosa pensasse, a cosa
era dovuto quel suo sguardo triste non riuscivo a capirlo e quando
provai a chiedergli il motivo lui si affrettò a negare
cambiando
abilmente discorso.
Volterra
lo aveva
trasformato, rendendolo insicuro e tormentato.
Chissà
quali lotte
interne sosteneva senza dire nulla cercando di nascondere quella
sofferenza che immaginavo non lasciarlo mai.
Ero
dispiaciuto e
preoccupato per il mio Edward ma forse con il tempo anche questi
problemi sarebbero passati o almeno lo speravo con tutto il cuore.
In
fondo erano trascorsi
solo sei mesi e certe ferite ci mettono tempo a rimarginarsi.
E
più sono invisibili, più sono profonde e
difficili da guarire.
Ero
nel mio studio e
stavo leggendo una rivista medica per aggiornarmi quando sentii
bussare alla porta.
“Avanti”
dissi
alzando gli occhi dalla scrivania.
Lo
vidi entrare.
Era
solo e teneva gli
occhi bassi sul pavimento.
Strano,
pensai mentre lo
fissavo assorto. Non si allontanava mai da Bella.
Per
un attimo ebbi paura
che avesse combinato qualcosa ma il suo atteggiamento non era
preoccupato o spaventato.
Sembrava
più che altro imbarazzato o intimidito da me.
“Che
c'è Edward? Non
stai bene? E successo qualcosa?” gli chiesi incuriosito e
desideroso di rompere quel silenzio che lui non osava violare.
Lui
alzò gli occhi fissandoli nei miei e mi sorrise.
Poi
portandosi le mani
dietro la schiena come un bambino che deve ammettere una marachella
mi sussurrò “Carlisle, te la sentiresti di
adottare un'altra
figlia?”
FINE.......????
Edward:
Avevo
finalmente trovato il coraggio di ammetterlo a me stesso... ora avrei
dovuto combattere per quello che ritenevo giusto.
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