Edward
Il
resto della giornata
trascorse nella più completa normalità. Trascinai
la povera
Rebecca sull'albero fino a sera e lavorai per Aro fino allo
sfinimento.
Per
dieci giorni
continuai con quei ritmi, sempre più stanco, ma determinato
ad
andare avanti senza prendermi inutili punizioni. Aspettavo solo il
momento giusto per attuare la seconda parte del mio piano. E intanto
mi crogiolavo nella tristezza, sperando che qualcosa cambiasse.
Doveva
essere ancora
mattina o al più tardi l'ora di pranzo degli umani quando
ancora stravolto dal dolore e dalla stanchezza venni richiamato alla
realtà
da un sordo ringhio.
Con
fatica mi sforzai di
aprire gli occhi e vidi Rebecca in piedi vicino al letto darmi le
spalle e mettersi in posizione di difesa. Il ringhio forte e potente
usciva dal suo petto diretto a Felix e Demetri che stavano a un paio
di metri davanti a lei chiaramente a disagio.
“Rebecca,
per favore
spostati. Non costringerci a farti del male” la voce
conciliante
era di Demetri che stava cercando di far ragionare il mio simbionte.
Un altro potentissimo ringhio le uscii dalle labbra arricciate.
“Non
vogliamo fargli del male. Ma stiamo eseguendo gli ordini di Aro. L'ha
convocato con urgenza. Bisogna che si alzi e ci segua”
stavolta era
stato Felix a cercare di convincerla.
Lei
scosse la testa
allungando il collo e mostrando i denti sempre ringhiando.
Mi
tirai su appoggiato a
un braccio stordito e stanco.
“Cosa
succede? Che c'è
Rebecca?” non riuscivo a capire cosa la spingesse a reagire
così.
“Meno
male Edward.”
mi sorrise Demetri “dovresti dire a Rebecca di lasciarci
avvicinare
così ti aiutiamo a vestirti. Aro ha bisogno di te con
urgenza.”
Feci
fatica a capire le
sue parole. La testa mi pulsava e non riuscivo a ragionare con
lucidità.
“Edward,
dille di
allontanarsi! Non vogliamo farle del male, ma dobbiamo obbedire agli
ordini”
Guardai
in faccia Felix
che aveva appena parlato, troppo stordito per capire fino in fondo
cosa stava succedendo. Poi vidi Felix e Demetri scambiarsi un
occhiata d'intesa e avvicinarsi minacciosi ai lati di Rebecca che
li guardava a turno ringhiando furiosamente.
La
mia mente si svegliò
colpita da quella scena insolita. Rebecca era pronta a scattare e a
mordere. Rischiava di farsi fare del male solo per lasciarmi
riposare ancora. Scossi la testa, per riordinare le idee.
“
Rebecca... No. Va
tutto bene, sto bene, lascia stare, ti prego”
Lei
si voltò a fissarmi
negli occhi, sul suo viso una smorfia di disapprovazione.
Sospirai
e cercai di
tirarmi a sedere. Vidi Rebecca rilassarsi e spostarsi per lasciare
passare le due Guardie. Veloce Felix mi prese per un braccio e mi
trascinò in bagno dove mi sciacquo la faccia con l'acqua. Il
suo
intento era quello di riportarmi alla realtà velocemente, ma
mi
divincolai infastidito ed offeso “Lasciami Felix. Ce la
faccio
da solo” brontolai in risposta al suo modo di fare brusco.
“Dammi
solo un attimo, mi faccio una doccia e arrivo.”
“Non
c'è tempo Edward.
Vieni a vestirti” mi voltai, il tono perentorio di Demetri
che mi
aspettava appena fuori dalla porta con una divisa pulita in mano, non
mi lasciava scelta.
Senza
obiettare, tanto
non sarebbe servito a nulla, mi vestii aiutato da entrambi e con
Rebecca che sbuffava infastidita dal loro comportamento, uscii dalla
porta.
Con
sorpresa notai che
invece di andare nella solita sala mi condussero nello studio privato
di Aro.
La
testa mi girava per la
stanchezza non ancora smaltita e facevo fatica a tenere gli occhi
aperti. Quando entrai dovevo avere l'aria sconvolta “Mi
spiace
Edward di averti disturbato. So che sei ancora stanco e che non hai
avuto il tempo di riposare a sufficienza Ma è un colloquio
molto
importante. Dovrai entrare nella testa dell'umano che si
presenterà
al mio cospetto e fare attenzione a leggere i suoi pensieri. Quando
avremo finito ti lascerò in pace.”
Aro
sembrava
effettivamente dispiaciuto ma non entrai nella sua testa, volevo
tenermi le energie per il mio lavoro.
Facevo
molta fatica a
seguire i pensieri dell'umano, l'argomento in questione riguardava
cose a me sconosciute come appalti, operazioni finanziarie e altre
cose che facevo fatica a capire. Malgrado il mio italiano fosse
ottimo, la sua mente era difficile da decifrare e molti termini
tecnici mi erano sconosciuti.
Quando
finalmente si
congedò crollai a terra esausto.
Doveva
essere notte
quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi libero dai dolori che
mi avevano accompagnato per tutto il pomeriggio.
Mi
misi a sedere e
guardai Rebecca seduta sul letto.
“Temo
che fra poco Aro
mi manderà a chiamare di nuovo, deve essere molto
tardi” mormorai
rassegnato al mio destino.
Lei
mi sorrise scuotendo
la testa.
“No?
Credi che mi
lascerà in pace questa notte?”
Lei
stavolta annui
sorridente.
“Sei
sicura Rebecca?
Non voglio correre il rischio di finire in punizione se non mi
trovano nella stanza”
Lei
annui nuovamente più
decisa.
“Bene,
non ci speravo
di avere la notte libera così presto. Aspetta che mi
preparo”
Veloce
mi vestii e feci
per uscire quando Rebecca mi fermò. Con gesti sicuri
scuotendo la
testa divertita mi mise sulle spalle la mantellina che avevo
dimenticato.
“Ah,
si... scusa. E'
che mi dà fastidio e poi non serve a nulla” mi
giustificai davanti
al suo volto corrucciato. Scosse la testa con disapprovazione mentre
mi prendeva per mano indicandomi la porta.
Quando
uscimmo sapevo
perfettamente dove volevo andare e sicuro mi diressi nella stanza di
Pamela.
Quando
lei capì, si
fermò scuotendo la testa stupita. “Lo so Rebecca
che Pamela non
c'è perché è notte. Non sono
né pazzo, né scemo. E' proprio per
quello che adesso noi andiamo là. E per favore fai la brava
e vieni
senza fare resistenza.”
Non
aspettai di vedere
come reagiva, ma mi avviai per i corridoi di buon passo. Incontrammo
parecchie Guardie, e tutte mi salutarono con deferenza senza che, per
fortuna, nessuna mi chiedesse dove ero diretto. La mia mantella nera
dai bordi bianchi era un ottimo lasciapassare.
Arrivati
vicino alla
stanza di Pamela controllai che non ci fosse nessuno nelle vicinanze
e come supponevo era deserta. Quella era un entrata riservata agli
umani e di notte nessuno la usava.
Veloce
entrai e lasciata
la mano a Rebecca mi sedetti alla scrivania. Acceso il computer
scrissi la password che avevo spiato a Pamela con il mio piccolo
stratagemma.
Poi
senza difficoltà
entrai nella pagina delle e-mail e scrissi l'indirizzo della famiglia
Cullen.
Non
avevo tanto tempo e
soprattutto avevo paura che mi trovassero. Feci veloce, cancellai
dalla memoria del computer ogni mia traccia e finalmente soddisfatto
presi Rebecca e mi diressi in cortile.
Là
arrampicato sul mio
albero fissai la luna e le stelle e sopraffatto dalla tristezza e
dalla nostalgia iniziai a singhiozzare. Pensavo a Bella, alle calde
nottate passate assieme a vedere le stelle e a coccolarci, a
Renesmee che adoravo e amavo teneramente, ai miei genitori che
sicuramente sarebbero stati in pensiero per me e ai fratelli con cui
giocavo e scherzavo. Mi mancavano tutti, ognuno a suo modo, e sentivo
il mio cuore muto e fermo spezzarsi dalla malinconia.
Ero
solo e lontano dalle
persone che amavo.
In
un posto ostile che
odiavo profondamente.
Ovviamente
le lacrime non
uscivano, ma Rebecca si accorse che qualcosa non andava nel mio
comportamento e si arrampicò fino a raggiungermi.
Qui
fra le fronde
dell'albero sotto lo sguardo delle mute stelle mi abbracciò
coccolandomi e consolandomi come un bambino piccolo. Forse... non
ero solo del tutto.
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