martedì 12 febbraio 2013

NV Capitolo 09 - Un cambiamento di orari


Edward

Il resto della giornata trascorse nella più completa normalità. Trascinai la povera Rebecca sull'albero fino a sera e lavorai per Aro fino allo sfinimento.
Per dieci giorni continuai con quei ritmi, sempre più stanco, ma determinato ad andare avanti senza prendermi inutili punizioni. Aspettavo solo il momento giusto per attuare la seconda parte del mio piano. E intanto mi crogiolavo nella tristezza, sperando che qualcosa cambiasse.
Doveva essere ancora mattina o al più tardi l'ora di pranzo degli umani quando ancora stravolto dal dolore e dalla stanchezza venni richiamato alla realtà da un sordo ringhio.
Con fatica mi sforzai di aprire gli occhi e vidi Rebecca in piedi vicino al letto darmi le spalle e mettersi in posizione di difesa. Il ringhio forte e potente usciva dal suo petto diretto a Felix e Demetri che stavano a un paio di metri davanti a lei chiaramente a disagio.
“Rebecca, per favore spostati. Non costringerci a farti del male” la voce conciliante era di Demetri che stava cercando di far ragionare il mio simbionte. Un altro potentissimo ringhio le uscii dalle labbra arricciate. “Non vogliamo fargli del male. Ma stiamo eseguendo gli ordini di Aro. L'ha convocato con urgenza. Bisogna che si alzi e ci segua” stavolta era stato Felix a cercare di convincerla.
Lei scosse la testa allungando il collo e mostrando i denti sempre ringhiando.
Mi tirai su appoggiato a un braccio stordito e stanco.
“Cosa succede? Che c'è Rebecca?” non riuscivo a capire cosa la spingesse a reagire così.
“Meno male Edward.” mi sorrise Demetri “dovresti dire a Rebecca di lasciarci avvicinare così ti aiutiamo a vestirti. Aro ha bisogno di te con urgenza.”
Feci fatica a capire le sue parole. La testa mi pulsava e non riuscivo a ragionare con lucidità.
“Edward, dille di allontanarsi! Non vogliamo farle del male, ma dobbiamo obbedire agli ordini”
Guardai in faccia Felix che aveva appena parlato, troppo stordito per capire fino in fondo cosa stava succedendo. Poi vidi Felix e Demetri scambiarsi un occhiata d'intesa e avvicinarsi minacciosi ai lati di Rebecca che li guardava a turno ringhiando furiosamente.
La mia mente si svegliò colpita da quella scena insolita. Rebecca era pronta a scattare e a mordere. Rischiava di farsi fare del male solo per lasciarmi riposare ancora. Scossi la testa, per riordinare le idee.
“ Rebecca... No. Va tutto bene, sto bene, lascia stare, ti prego”
Lei si voltò a fissarmi negli occhi, sul suo viso una smorfia di disapprovazione.
Sospirai e cercai di tirarmi a sedere. Vidi Rebecca rilassarsi e spostarsi per lasciare passare le due Guardie. Veloce Felix mi prese per un braccio e mi trascinò in bagno dove mi sciacquo la faccia con l'acqua. Il suo intento era quello di riportarmi alla realtà velocemente, ma mi divincolai infastidito ed offeso “Lasciami Felix. Ce la faccio da solo” brontolai in risposta al suo modo di fare brusco. “Dammi solo un attimo, mi faccio una doccia e arrivo.”
“Non c'è tempo Edward. Vieni a vestirti” mi voltai, il tono perentorio di Demetri che mi aspettava appena fuori dalla porta con una divisa pulita in mano, non mi lasciava scelta.
Senza obiettare, tanto non sarebbe servito a nulla, mi vestii aiutato da entrambi e con Rebecca che sbuffava infastidita dal loro comportamento, uscii dalla porta.
Con sorpresa notai che invece di andare nella solita sala mi condussero nello studio privato di Aro.
La testa mi girava per la stanchezza non ancora smaltita e facevo fatica a tenere gli occhi aperti. Quando entrai dovevo avere l'aria sconvolta “Mi spiace Edward di averti disturbato. So che sei ancora stanco e che non hai avuto il tempo di riposare a sufficienza Ma è un colloquio molto importante. Dovrai entrare nella testa dell'umano che si presenterà al mio cospetto e fare attenzione a leggere i suoi pensieri. Quando avremo finito ti lascerò in pace.”
Aro sembrava effettivamente dispiaciuto ma non entrai nella sua testa, volevo tenermi le energie per il mio lavoro.
Facevo molta fatica a seguire i pensieri dell'umano, l'argomento in questione riguardava cose a me sconosciute come appalti, operazioni finanziarie e altre cose che facevo fatica a capire. Malgrado il mio italiano fosse ottimo, la sua mente era difficile da decifrare e molti termini tecnici mi erano sconosciuti.
Quando finalmente si congedò crollai a terra esausto.
Doveva essere notte quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi libero dai dolori che mi avevano accompagnato per tutto il pomeriggio.
Mi misi a sedere e guardai Rebecca seduta sul letto.
“Temo che fra poco Aro mi manderà a chiamare di nuovo, deve essere molto tardi” mormorai rassegnato al mio destino.
Lei mi sorrise scuotendo la testa.
“No? Credi che mi lascerà in pace questa notte?”
Lei stavolta annui sorridente.
“Sei sicura Rebecca? Non voglio correre il rischio di finire in punizione se non mi trovano nella stanza”
Lei annui nuovamente più decisa.
“Bene, non ci speravo di avere la notte libera così presto. Aspetta che mi preparo”
Veloce mi vestii e feci per uscire quando Rebecca mi fermò. Con gesti sicuri scuotendo la testa divertita mi mise sulle spalle la mantellina che avevo dimenticato.
“Ah, si... scusa. E' che mi dà fastidio e poi non serve a nulla” mi giustificai davanti al suo volto corrucciato. Scosse la testa con disapprovazione mentre mi prendeva per mano indicandomi la porta.
Quando uscimmo sapevo perfettamente dove volevo andare e sicuro mi diressi nella stanza di Pamela.
Quando lei capì, si fermò scuotendo la testa stupita. “Lo so Rebecca che Pamela non c'è perché è notte. Non sono né pazzo, né scemo. E' proprio per quello che adesso noi andiamo là. E per favore fai la brava e vieni senza fare resistenza.”
Non aspettai di vedere come reagiva, ma mi avviai per i corridoi di buon passo. Incontrammo parecchie Guardie, e tutte mi salutarono con deferenza senza che, per fortuna, nessuna mi chiedesse dove ero diretto. La mia mantella nera dai bordi bianchi era un ottimo lasciapassare.
Arrivati vicino alla stanza di Pamela controllai che non ci fosse nessuno nelle vicinanze e come supponevo era deserta. Quella era un entrata riservata agli umani e di notte nessuno la usava.
Veloce entrai e lasciata la mano a Rebecca mi sedetti alla scrivania. Acceso il computer scrissi la password che avevo spiato a Pamela con il mio piccolo stratagemma.
Poi senza difficoltà entrai nella pagina delle e-mail e scrissi l'indirizzo della famiglia Cullen.
Non avevo tanto tempo e soprattutto avevo paura che mi trovassero. Feci veloce, cancellai dalla memoria del computer ogni mia traccia e finalmente soddisfatto presi Rebecca e mi diressi in cortile.
Là arrampicato sul mio albero fissai la luna e le stelle e sopraffatto dalla tristezza e dalla nostalgia iniziai a singhiozzare. Pensavo a Bella, alle calde nottate passate assieme a vedere le stelle e a coccolarci, a Renesmee che adoravo e amavo teneramente, ai miei genitori che sicuramente sarebbero stati in pensiero per me e ai fratelli con cui giocavo e scherzavo. Mi mancavano tutti, ognuno a suo modo, e sentivo il mio cuore muto e fermo spezzarsi dalla malinconia.
Ero solo e lontano dalle persone che amavo.
In un posto ostile che odiavo profondamente.
Ovviamente le lacrime non uscivano, ma Rebecca si accorse che qualcosa non andava nel mio comportamento e si arrampicò fino a raggiungermi.
Qui fra le fronde dell'albero sotto lo sguardo delle mute stelle mi abbracciò coccolandomi e consolandomi come un bambino piccolo. Forse... non ero solo del tutto.

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