Edward
Erano
ancora tutti lì. Fermi e immobili come statue quando
tornammo a casa.
Avevo
paura di scendere
dalla macchina, paura di affrontarli.
Dopo
che ci eravamo
baciati con Bella non ci eravamo detti molto altro. Non mi aveva
chiesto nulla, ma mi aveva condotto nel bosco e senza paura aveva
iniziato a baciarmi.
Si
era accorta del mio
calore, ma avevo liquidato il discorso dicendo che non stavo
benissimo.
E
lì con tenerezza e
disperazione l'avevo fatta mia e mi ero donato a lei. Quanto mi era
mancato quel contatto, quelle carezze! Il mostro dentro di me
smaniava e la gola bruciava, ma non mi importava, nulla importava di
più di lei, del suo amore.
I
fili d'erba tra i
nostri capelli erano gli unici testimoni silenziosi della nostra
passione.
Quando
scesi dalla
macchina rimasi fermo a occhi bassi. Non sapevo cosa dire, come
giustificare la mia fuga e il mio ritorno. Poi quando trovai il
coraggio alzai gli occhi e vidi il sorriso sui loro volti.
Fu
mio padre a rompere
quell'immobilità che li aveva colti. Si avvicinò
lentamente, quasi
intimorito da me, con un sorriso raggiante sulle labbra e fece per
darmi la mano ma io nascosi il mio volto sul suo petto facendomi
abbracciare stretto.
Avevo
bisogno di sentirmi
amato, di sentirmi accettato.
Lui
mi tenne qualche
momento stretto conscio di quel mio bisogno disperato, poi mi
mormorò
“Bentornato a casa Edward. Sono felice che tu abbia scelto di
stare
con noi. Non avere paura di nulla. Ti aiuteremo.”
Mi
sentii sciogliere.
L'ansia, e la paura di quei tre mesi crollarono su di me. E mi
appoggiai a lui stanco e sfinito fisicamente e mentalmente.
Lui
si accorse che le
gambe mi stavano cedendo e tenendomi stretto mi disse “Vieni.
Devi
essere stanco. Entriamo in casa. Poi se ti senti potrai raccontarci
la tua storia” e passandomi il braccio sotto le spalle mi
condusse
in salotto.
Quando
fui seduto alzai
gli occhi sui i miei fratelli. Si erano tutti seduti e mi
guardavano. Nessuno parlava, nessuno aveva il coraggio di dirmi
nulla. Ma i loro pensieri urlavano nella mia testa la gioia di
vedermi. La felicità di avermi di nuovo con loro. Solo Jacob
stava
lontano tenendo Renesmee tra le sue braccia. Lo guardai
riconoscente. Il loro cuore e il loro calore stuzzicavano la mia sete
e saperli al sicuro lontani mi permise di rilassarmi un poco.
“Renesmee
vi avrà
fatto veder tutto” dissi guardando la mia bambina cercando
una
conferma alle mie parole.
“No
Edward. Non
abbiamo voluto vedere.
Noi ci fidiamo di te e
vorremmo che fossi tu a spiegarci cosa è successo in questi
tre
mesi.” mi disse mio padre.
Si
era seduto vicino a me
e teneva il braccio sulle mie spalle con noncuranza ma sapevo che era
pronto a bloccarmi se fosse risultato necessario. Gli sorrisi
riconoscente.
“Ci
ha solo detto che
non stai bene fisicamente. Ed è per questo che sto tenendo
Alice qui
stretta” aggiunse Jasper ridacchiando “e che non ti
siamo ancora saltati addosso, fratellino” finii sogghignando
felice.
Lo
guardai e i miei occhi
si posarono sulle mani di Jasper che teneva Alice saldamente sulle
spalle.
Sorrisi
“Vieni qui
Alice abbracciami.” dissi aprendo le braccia.
In
un attimo me la trovai
addosso “Sono felice di vederti Edward. Visto che avevo
ragione.
Sei tornato a casa” disse ridendo.
“Ci
è mancato molto
poco Alice, che mandassi in fumo la tua visione” risposi con
un
filo di voce.
Poi
prendendo fiato
iniziai a raccontargli tutto. Passammo la nottata a parlare. Stavolta
raccontai tutto, di Rebecca, di quando avevo salvato Aro, del mio
addestramento e della battaglia. Volevo che sapessero e capissero
Quando
spiegai la
trappola che mi aveva teso Aro, senti più di un ringhio di
rabbia
alzarsi fra di loro e vidi lo sguardo spaventato di Carlisle. La sua
mano fresca si posò sul collo come per farmi una carezza, ma
sapevo
che stava controllando la mia temperatura.
Con
calma tappammo tutti
gli interrogativi aperti e quando finalmente giunsi alla fine del
racconto mi sentii come se mi avessero levato un peso dal cuore. Ora
sapevano tutto, ora potevano giudicarmi liberamente. Ora finalmente
avrebbero capito.
Mi
sentivo svuotato e
sfinito.
“Hai
l'aria stanca
Edward, e poi vorrei darti un'occhiata. Vieni ti accompagno in
camera” mi disse Carlisle aiutandomi ad alzarmi.
Io
annui e prendendo
Bella per mano mi avviai verso le scale.
“Ehi
Edward. Appena
stai bene facciamo una bella lotta. Voglio vedere se effettivamente
sei migliorato. E poi mi devi insegnare qualche mossa,
fratellino”
mi disse Emmett e mentre gli passavo vicino mi tirò un pugno
affettuoso sulla spalla.
Con
un ringhio violento
mi girai mettendomi in posizione di difesa pronto ad attaccare.
“Edward.
No!” il
grido di Esme mi riportò alla realtà mentre le
braccia di Carlisle
e Jasper mi bloccavano.
Ecco
adesso sapevano...
Adesso
finalmente
avrebbero capito quanto pericoloso ed instabile ero diventato.
Presi
fiato e mi rilassai
imbrigliando il mostro dentro di me. “Scusa Emmett”
mormorai a
testa bassa. Avrei voluto sprofondare, sparire come il fumo nel
cielo, ma non potevo, dovevo imparare a fare i conti con quello che
ero diventato.
“Va
tutto bene Edward. Non ti preoccupare” le parole affettuose
di mio padre mi
accarezzarono mentre lui e Jasper allentavano la presa su di me. I
miei occhi accesi dalla lotta si spensero e un sorriso triste si
dipinse sul mio volto.
“Sono
cambiato Emmett. Per me adesso è difficile imbrigliare il
vampiro dentro di me. Dammi solo un po' di tempo” chiesi
disperato.
“Ti
daremo tutto il
tempo che vuoi Edward e tutto l'aiuto che possiamo” mi disse
Esme
avvicinandosi e abbracciandomi forte.
“Vieni
Edward. Andiamo”
mi sollecitò Carlisle.
Si
aveva ragione era
meglio che mi allontanassi.
Potevo
sentire il sangue
di mia figlia ora pulsare più forte, spaventata da me e
questo non
mi stava aiutando.
Quando
fui in camera mi
sedetti sul letto sempre senza mollare la mano a Bella.
“Levati
la camicia
Edward, voglio controllarti” la voce di Carlisle era
tranquilla e
sicura ed io ubbidi docile.
Mi
fece sdraiare sulla
schiena e iniziò a passarmi le sue mani sul petto.
“Vedo
che non ti sono
rimaste cicatrici del licantropo.” mi disse sorridendo.
Io
annui. Poi la sua
mano passò veloce sulla mezzaluna argentata che spiccava
sulla
spalla destra.
Emisi
un leggero gemito.
A toccarla bruciava come il fuoco. Lui mi scrutò con lo
sguardo
interrogativo “E' il morso di Rebecca. Brucia”
spiegai.
Mi
sorrise e mi passò la
mano sulla fronte “Hai raccontato di aver avuto problemi con
il tuo veleno, adesso com'è la situazione?” mi
chiese
“E'
normale.” risposi
Mi
sorrise e sfilò un
filo d'erba dai miei capelli. Poi guardando Bella sghignazzò
“Direi
che le tue funzioni sono tutte
normali”
Se
avessi potuto sarei
arrossito leggendo i pensieri maliziosi di mio padre, ma mi limitai
ad abbassare gli occhi imbarazzato. Sentii invece Bella ridacchiare
“Si Carlisle, Jasper aveva proprio ragione”
Non
capivo cosa centrasse
Jasper e li guardai confuso. “Poi ti spiego” mi
sussurrò Bella
baciandomi per distrarmi dai pensieri di Carlisle.
“Va
bene Edward. Quello che ti hanno dato, scalda in maniera innaturale il
tuo corpo e
ti provoca la sete continua a cui sei sottoposto risvegliando
l'istinto in maniera prepotente. Credo che in tre o quattro giorni
dovrebbe passare tutto.” la voce di mio padre era calda e
tranquilla cosa che invece io non ero.
“Faremo
così. Rimarrai qua in camera, a riposarti e ti
darò tutto il sangue di cui
hai bisogno. Ne ho fatto provvista e quindi non sarà un
problema. Quando starai meglio, e non avrai tutta questa sete in
continuazione, ti accompagneremo a cacciare e vedrai che nel giro
di poco ti riabituerai alla nostra dieta e riuscirai a imprigionare
nuovamente il tuo istinto”
La
sua voce era sicura ma
io avevo paura.
Ero
pericoloso.
Volterra
mi aveva
cambiato profondamente ed io ero consapevole di questo.
Sarebbe
stato duro, ma ce
l'avrei fatta.
Sarei
ritornato ad essere
l' Edward di sempre.
Forse
ci avrei messo
qualche mese ma avrei di nuovo imprigionato il mio mostro.
Aro
non avrebbe mai
vinto.
Non
appartenevo a
Volterra e mai sarei diventato uno di loro.
L'amore
per la mia
famiglia, per Bella, per mia figlia sono i miei vincoli, la mia
forza e lui non sarebbe mai riuscito a prendermi perché mai
sarebbe
riuscito a distruggere quel sentimento che tanto ci univa.
Poteva
provare a
cambiarmi, a disorientarmi ma avevo un punto fermo, un ancora di
salvezza.
Come
un veliero in mezzo
a una tempesta vede un faro e trova la salvezza del porto
così
poteva provare a travolgermi, a oscurare il mio cuore con le sue
nuvole ma la mia famiglia sarebbe sempre stata il mio faro e il mio
porto sicuro.
Ero
certo di questo,
avevo un disperato bisogno di crederlo ...
Nessun commento:
Posta un commento