martedì 12 febbraio 2013

SDN Capitolo 38 - La telefonata

Carlisle

Erano ormai passati venticinque giorni da quando avevamo visto Edward. Ero consapevole che non avremmo avuto sue notizie tanto presto, ma ero in ansia lo stesso. Avevamo continuato a tenere d'occhio Volterra, ma di Edward nessuna traccia.
Anche il potere di Alice si rivelò inutile dal momento che ebbe solo poche e fugaci visioni per la maggior parte completamente inutili. L'unico effetto che ottenevano era quello di aumentare la nostra ansia e di procurarle dei feroci mal di testa.
Il tempo passava ed Emmett e Jasper stavano già facendo piani organizzando un incursione per catturare un vampiro della Guardia al fine di estorcergli notizie. A poco servivano le proteste mie e delle ragazze per farli desistere dai loro piani. Temevamo infatti che un loro colpo di testa sarebbe stato inutile e pericoloso, nonché forse, anche dannoso per Edward.
Quel giorno nessuno era uscito, a Volterra splendeva il sole e certamente Edward non avrebbe avuto il permesso di passeggiare con gli umani nel centro della città.
E per l'ennesima volta stavo discutendo con Jacob, che non ce la faceva più a vedere Bella e Renesmee intristirsi ogni giorno di più.
“Dobbiamo fare qualcosa Carlisle. Non possiamo continuare ad aspettare. Forse ha bisogno di aiuto.”
“No Jacob, dobbiamo avere pazienza, rischiamo di peggiorare la situazione.” ripetei di nuovo
Ero stanco di cercare di calmare le acque mentre io per primo fremevo di fronte a quest'immobilità forzata.
Eravamo tutti tesi e nervosi, e spesso a qualcuno saltavano i nervi. Io ed Esme, facevamo fatica a tenerli calmi, mentre i ragazzi spesso bisticciavano tra loro.
Ero uscito scocciato dopo aver calmato Rosalie che non aveva perso tempo ad attaccare briga con Jacob dopo il nostro scambio di battute. Lei non perdeva mai un occasione e Jacob non si tirava certo indietro.
Esme mi raggiunse e mi abbracciò. “E' sempre più difficile tenerli calmi, a volte penso che sarebbe meglio mandarli tutti a casa e aspettare noi Edward qui.”
Scossi la testa “Non accetterebbero e lo sai. Speriamo solo di avere sue notizie presto”
“Carlisle vieni presto!” era la voce di Bella
Un sordo colpo mi fece capire che era scoppiata nuovamente qualche rissa. Entrammo in casa di corsa e trovammo Emmett e Jasper che lottavano ringhiandosi furiosamente contro.
“Basta smettetela”. Gridò Esme unendosi alle ragazze e ai licantropi che cercavano di dividerli.
Feci un passo ma il cellulare iniziò a suonare. Mi fermai e controllai chi fosse.
Non riconobbi il numero e decisi di rispondere
“Pronto?”
“Che piacere sentirti Carlisle” guardai il cellulare incredulo... era Aro.
“Aro? Sei tu?” alzai lo sguardo e vidi che tutti adesso mi guardavano in religioso silenzio.
“Si, Carlisle. Sono io. Dovresti venire qui a Volterra con una certa urgenza. Ho un problema con tuo figlio Edward e... non stare a perdere tempo facendo finta di essere in America, so benissimo che sei nei dintorni con la tua famiglia”
Rimasi allibito. E noi che eravamo convinti di essere riusciti a nasconderci. Forse era stato Edward, a rivelare il segreto. Ma perché voleva che andassi là? Voleva ricattare Edward o c'era qualche secondo fine? Sapevo benissimo che Aro era maestro in inganni e sotterfugi.
“Fammi parlare con lui” gli chiesi.
“Non è possibile Carlisle. Ma se tieni alla sua vita dovresti venire. Ti aspetto.” e buttò giù il telefono.
Rimasi esterrefatto e in silenzio guardando il mio cellulare come se potesse rispondere alle mie domande inespresse fino anche Esme si avvicinò e mi prese per le spalle “Era Aro, Carlisle? Cosa voleva? Hai notizie di Edward?”
Ancora scosso raccontai la veloce telefonata e quando tacqui iniziarono a parlare tutti assieme.
“Silenzio!” alzai la voce. Dovevamo parlare con calma, anche se avevo già deciso cosa fare.
“Ti vedo andare Papà, con mamma” ci disse Alice sbirciando preoccupata Esme.
“Non scherzate” intervenne Jasper “E' pericoloso. Non potete andare così allo sbaraglio. O perlomeno non tu mamma. Lascia che accompagni io Carlisle. Se c'è da combattere sono il più forte”
“Eh no Jazz, questo lo dobbiamo ancora decidere, e poi non vorrai mica lasciarmi indietro, non voglio perdermi il divertimento” Emmett aveva già iniziato a mimare una veloce lotta.
“Non fate gli scemi voi due, cosa credete di poter fare? Edward è stato chiaro, niente lotte, è pericoloso” intervenne Rosalie
“Sono d'accordo, ma non vorrai lasciare andare papà da solo vero?” chiocciò Alice “Forse è meglio se l'accompagno io”
“No Alice” intervenne subito spaventato Jasper “Aro ha messo gli occhi su di te. Potrebbe catturarti. Non puoi andare”
“Se qualcuno deve andare, sono io” affermò decisa Bella “Edward è mio marito”
“No Bella. Tu no.” s'intromise Jacob, che teneva in braccio Renesmee “ sei proprio l'unica che non deve mettere piede in quel lurido posto. Con te potrebbero ricattare Edward e viceversa, hai dimenticato che il tuo potere è appetitoso come quello di Alice? Edward, sarebbe capace di farsi uccidere per te, non otterresti nulla solo quello di farti imprigionare con lui. Piuttosto vado io”
“Questa è proprio divertente,” Emmett vedeva tutto con leggerezza come al solito “ pensa che bel banchetto si faranno. Sei troppo appetitoso Jacob per entrare in un covo di vampiri”
“Ma cosa dici Emmett” l'interruppe Rosalie “Con la puzza che ha, è più facile che scappino tutti”
Scoppiammo tutti a ridere scaricando così un po' di tensione aiutati da Jasper che si prodigava a rilassarci invano.
“Basta che vi decidiate e che qualcuno vada a prendere il mio papà” ci interruppe offesa Renesmee.
Ero rimasto in silenzio ascoltando il battibecco, volevo lasciarli sfogare e farli rendere conto che non c'era altra soluzione. La mia decisione sarebbe stata la più giusta.
“Ragazzi. Calma. Aro mi ha invitato e quindi andrò io... da solo. E' troppo pericoloso per coinvolgere qualcuno di voi”
“Ma Carlisle...” era stata Rosalie a iniziare a protestare ma io la zittii subito
“Non voglio sentire discussioni. Io li conosco e con Aro c'era un certo rapporto d'amicizia, non mi farà del male. E poi Edward è mio figlio e tocca a me prendermi cura di lui.” Avevo usato un tono deciso di cui raramente mi servivo.
Li guardai in faccia tutti. Non mi imponevo quasi mai come capo famiglia preferendo farli ragionare e convincerli piuttosto che far ricorso alla mia autorità ma questa volta non mi sarei tirato indietro. Abbassarono gli sguardi. Sapevano tutti che avevo ragione e nessuno avrebbe osato contraddirmi. O almeno credevo.
“Hai ragione Carlisle. Devi andare tu. Ma non da solo. Alice ha visto giusto. Verrò io con te.” a parlare era stata l'unica persona alla quale non avrei potuto dire di no anche volendolo.
“Ma Esme, è pericoloso” la pregai.
Lei mi guardò dritta negli occhi con lo sguardo fiero e deciso “Si Carlisle. E' vero. Ma ricordati che se tu sei suo padre, io sono sua madre. Non puoi andare da solo, e sono l'unica persona che può accompagnarti senza pericolo.”
La guardai, ma sapevo che non c'era niente da fare. Raramente Esme s'imponeva ma quando lo faceva niente o nessuno riusciva a farle cambiare idea. Ed io ero quello meno indicato di tutti.
Mi persi nei suoi occhi decisi, vi vedevo dentro la determinazione e l'amore che la spingeva a correre questo rischio. Amore per suo figlio ma anche amore per me. Se Aro avesse deciso di prenderci in ostaggio tenendoci presso di lui per ricattare Edward, almeno saremmo stati insieme.
Con un sospiro annui “Va bene, Esme. Questa sera ci presenteremo ad Aro.”
Poi guardai i miei figli, dubbiosi e preoccupati. “Ragazzi dovete promettermi di non fare colpi di testa. Non veniteci a cercare qualsiasi cosa accada. Se non avete notizie nostre o di Edward, fra un mese dovete tornarvene a casa. Vi raggiungeremo là se e quando ci sarà possibile. Sono stato chiaro?”
Avevo di nuovo usato un tono autoritario e lì guardai negli occhi uno per volta aspettando da ognuno un cenno di assenso.
Poi guardai i licantropi, “Lo stesso vale anche per voi, amici miei... figli miei”. Sbuffarono, ma annuirono stupiti da quella chiara manifestazione d'affetto. Ma come potevo negarlo, ormai facevano parte della mia famiglia.
Poi mi rivolsi all'ultimo arrivato dei miei vampiri “Jasper, tu sei il più anziano sia come uomo che come vampiro, ti affido pertanto il comando e la nostra famiglia, proteggila e guidala in mia assenza”
Mi guardò stupito. Siccome aveva difficoltà ad abituarsi alla nostra alimentazione spesso stava in disparte e con dispiacere si considerava un elemento debole, quasi un fastidio per noi.
Ma sapevo che era quello che oltre ad essere il più forte era anche il più abituato a comandare e a farsi ubbidire. Forse avrebbe avuto qualche problema con Emmett o con i licantropi, ma sicuramente se la sarebbe cavata alla grande. Potevo fidarmi di lui.
“State tranquilli. Proteggerò la famiglia anche a costo della mia vita”
“Speriamo non si debba arrivare a tanto. Se ci sono problemi, fuggite ragazzi” li esortai un ultima volta.
Poi mi rivolsi ad Esme, “Vieni cara andiamo a prepararci”, e voltandoci ci avviammo alla nostra camera.

Era ormai notte quando entrammo a Volterra. Esme mi dava la mano chiaramente preoccupata anche se non l'avrebbe mai ammesso.
Mi ricordavo tutte le uscite della Rocca ma decisi di usare lo stesso passaggio da cui sbucava sempre Edward. Andammo in piazza e deciso mi diressi al portoncino. Quando bussai la porta si aprii e due Guardie ci guardarono incuriosite.
“Sono Carlisle. Aro mi sta attendendo”
“Mi ricordo di te. Ti stavamo aspettando. Venite”
Chi aveva parlato era una Guardia che ricordavo esserci già quando ero stato ospite di Aro. All'epoca infatti ero un ospite, non una Guardia. Non avevo mai prestato giuramento e pertanto venivo considerato al pari dei Signori di Volterra, malgrado dovessi sottostare ai loro capricci.
In silenzio ci addentrammo in quei corridoi silenziosi e inospitali per noi abituati a vivere all'aria aperta.
Si fermarono davanti a una porta e bussarono.
“Avanti”
Entrammo e mi ritrovai davanti il mio vecchio amico.
“Hai fatto presto Carlisle. Vedo però che non sei solo. E' la tua compagna?” la voce melliflua di Aro era esattamente come me la ricordavo.
“Si Aro. Ti presento Esme, mia moglie”
“Benvenuta a Volterra nella nostra casa” rispose Aro.
“Grazie Aro. Carlisle mi ha spesso parlato di voi” sentivo l'impazienza nella sua voce, e le strinsi la mano per metterla in guardia. Bisognava reggere il gioco ad Aro, essere molto cauti.
“Immagino. Ma so che la vostra non è una visita di cortesia, mio vecchio amico. Vi ho chiamati perché ho un grosso problema con vostro figlio. E' successo qualcosa d'imprevedibile e solo voi potete aiutarlo”
A quelle parole sentii Esme tremare. Cosa era successo?. Calma Carlisle, non avere fretta, devi giocarti bene le tue carte se vuoi uscire vincitore da questa partita. Aspettai in silenzio che ci spiegasse.
Ma Aro, ci fece cenno di seguirlo e si avviò lungo il corridoio.
“Venite, seguitemi. Mentre andiamo vi spiegherò”
Guardai Esme e insieme sempre per mano seguimmo il capo dei Volturi.

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