martedì 12 febbraio 2013

NV Capitolo 39 - La decisione


Edward

Quando riemersi dal buio, la prima cosa che vidi fu Rebecca. Era seduta sul bordo del letto e mi teneva la mano.
Le sorrisi stanco e triste.
Ingoiai a vuoto. Il veleno non era ancora tornato e avevo nuovamente la bocca asciutta.
La porta si aprii ed entrarono Angela e Felix.
Lei si avvicinò e mi mise la mano sulla fronte e poi sul petto.
“Sei ancora troppo caldo. Ti è tornato il veleno?” mi chiese scrutando i miei occhi.
Scossi la testa. Non avevo voglia di parlare, volevo solo che mi lasciassero in pace.
“Edward, ti sei alzato troppo presto. Adesso ti do ancora una dose del mio sciroppo, poi devi stare a letto. Con il riposo dovrebbe aggiustarsi tutto.” Angela mi parlava lentamente come fossi stato un bambino capriccioso, e forse aveva ragione. Si alzò e prese la medicina.
“Forza bevi” mi incitò.
Aprii la bocca e l'ingoiai velocemente. Non volevo pensare a nulla e non avevo le forze per oppormi.
Passai le ore successive a letto senza aprire bocca. Vennero a trovarmi sia Felix che Demetri per vedere come stavo, ma non mi importava e rimasi silenzioso evitando di rispondere alle loro domande se non con qualche cenno infastidito. Non vedevo l'ora che uscissero da quella stanza.
Non so quante ore passarono, a mi parve fossero anni, quando entrò Aro.
Non era mai entrato nella mia stanza e rimasi stupito della sua presenza.
“Ciao Edward” esordì tranquillo.
Risposi con un cenno.
“Come ti senti?” mi chiese studiando il mio viso stravolto dalla tristezza.
Gli feci un sorrisino timido con la speranza che se ne andasse presto.
Lui si avvicinò e posò la mano sulla mia fronte per leggere i miei tormenti e sul suo viso apparve un sorriso.
“Mi spiace che tu stia soffrendo. Il veleno è ritornato?” mi chiese guardandomi negli occhi.
Scossi la testa. Mi sentivo sempre la bocca asciutta e avevo nuovamente sete. Molta sete, troppa!
Ero ritornato ad essere un neonato, costantemente assetato e con il mostro, fuori controllo, che si agitava inquieto e affamato dentro di me.
Ma non mi importava. Non mi importava più di nulla.
“Hai deciso cosa fare Edward? So che come temevo non ti hanno capito e ti hanno rifiutato . Proverai ugualmente ad andare da loro a supplicarli di riprenderti o rimarrai con noi?
Lo sai che saremmo felici di averti qui.
Adesso sei una Guardia a tutti gli effetti e tutti ti tratterranno con rispetto.
Ormai sei diventato il vampiro che dovevi essere fin da subito, le finzioni sono finite.
Ora finalmente puoi essere sincero con te stesso, con quello che sei.” era andato dritto al punto.
Aveva toccato un tasto doloroso.
Sul mio viso si dipinse una smorfia di sofferenza. Non sapevo cosa fare. Avrei voluto tornare a casa, ma loro non mi volevano. Loro non mi avevano capito, non mi avevano perdonato. Io ero cambiato non andavo più bene per loro, non appartenevo più al loro mondo. Avevo tradito la loro fiducia, il loro stile di vivere. Non meritavo ne perdono ne comprensione.
E soprattutto avevo perso l'amore di Bella e la sua fiducia in me.
Chiusi gli occhi e mi morsi le labbra, non volevo mi vedesse così fragile e tormentato.
Lui rimase un attimo in silenzio studiandomi attentamente poi disse “ Angela ha detto che ti puoi alzare. Ti aspetto questa sera. Hai del lavoro da fare. E mi aspetto una tua risposta. Voglio sapere la tua decisione.” e con un sorriso proseguì “Il tempo è arrivato alla fine. Non ne hai più Edward. Devi scegliere.” poi mi guardò serio “ E mi aspetto anche che tu ti decida nuovamente ad aprire bocca. Non serve a niente chiudersi nel silenzio, ragazzo” e finalmente uscii.
Presi la mano a Rebecca e la feci sdraiare vicino a me, poi le posai la testa sul petto e rimasi lì cercando di non pensare alla mia decisione, ancora una volta grato di quel contatto.

Quando Damiano mi venne a chiamare ero già pronto.
Silenziosi io e Rebecca ci recammo nella sala del trono.
Aro quando mi vide arrivare mi venne incontro e deciso mi prese la mano, poi con un sorriso felice annuncio ad alta voce “Edward, resterà con noi . Fra tre giorni rinnoverà il suo giuramento” e la sua risata rimbombò nella grande sala.
Non avevo avuto altra scelta avevo dovuto optare per l'unica possibilità che avevo e fui lieto che leggesse la mia decisione dalla mente, non sarei riuscito a pronunciarla ad alta voce.
Poi sempre silenzioso, incapace di rompere quel muro di silenzio che la mia mente torturata aveva costruito, mi accucciai ai suoi piedi, pronto a mettermi al suo servizio.
Lui mi guardò soddisfatto e invitò Katrina a far entrare i primi vampiri.

Lavorai tutta la notte, silenzioso ed efficiente e solo alle prime luci dell'alba stordito e confuso venni riaccompagnato in camera da Felix.
Fui felice di perdermi nello stordimento del lavoro, contento di non riuscire a pensare con lucidità.
Stavo sempre male, ma non dissi nulla a nessuno, chiuso nel mio tormento cercai di comportarmi nella maniera più normale possibile mentre la sete continuava a torturarmi. Non volevo diventare nuovamente un assassino e quindi tacqui.
Il pomeriggio passò lento ed accompagnato da Rebecca andai sul mio albero. Là ero certo che nessuno mi avrebbe disturbato. Là avrei potuto crogiolarmi nel mio dolore e restare chiuso nel mio mutismo.
Rebecca si era certamente accorta che qualcosa non andava ma silenziosa pure lei accettò il mio silenzio senza battere ciglio limitandosi a controllarmi da lontano e cercando quando poteva di alleviare la mia sofferenza.

Era quasi sera quando rientrando passai vicino ad Alec ed Ilmi.
“Già a quanto pare Edward, rimane con noi” la voce di Alec era tutt'altro che felice
“E' in gamba quel ragazzo Alec, e se sei libero devi ringraziare lui e non tua sorella che stava combinando un disastro” Ilmi mi sorrise mentre passando lo salutavo con un cenno.
“Ci darà solo problemi. Non mi va che resti con noi.” il tono era disgustato.
Sapevo che mi odiava e non era l'unico nemico che avevo all'interno della Rocca.
Per un attimo mi chiesi se in famiglia avrebbero mai sentito la mia mancanza. Ma no, mi risposi, nessuno avrebbe sentito la mancanza di un vampiro assassino in casa.

E con il cuore pesante accettai finalmente l'inevitabile.
La decisione era stata presa e adesso avei dovuto accettarne le conseguenze.
Sarei diventato una vera e temibile Guardia e avrei lavorato per i miei Signori in difesa della nostra razza.
Il tempo delle finzioni era finito.
Ero un vampiro e avrei vissuto come tale.

Quando rientrai in camera, andai a cercare la lettera di mio padre.
Rileggere le sue parole mi ferì il cuore.
Ma chiusi gli occhi e con la forza della disperazione la strappai in mille pezzi.
Non appartenevo più al Clan di Olympia, la mia strada era stata decisa.


Carlisle

Sapevo che Bella aveva deciso di partire. Alice mi aveva messo al corrente dei suoi piani.
La famiglia si stava sfasciando. Esme era disperata. Si rifiutava persino di andare a caccia, chiudendosi nel suo dolore.
Non potevo permettere che finisse così. Ma che potevo fare? Avevo le mani legate.
E poi se era una sua decisione era giusto rispettarla. Non la condividevo ma l'avrei rispettata.
Perchè non ci aveva più risposto? Probabilmente aveva deciso di chiudere definitivamente ogni comunicazione con noi. Era diventato una Guardia e probabilmente quella vita condivisa con Rebecca doveva essere quello che desiderava. Scossi la testa e mi avviai a prendere la macchina per recarmi in ospedale. Vidi venire verso di me Emmett, aveva una busta in mano.
“Carlisle è arrivata posta per te” mi sorrise porgendomela.
Lui di tutti i fratelli era quello che in apparenza aveva accettato senza battere ciglio la decisione di Edward.
“Se è felice così... è giusto” aveva sintetizzato.
Ma non ci credevo. Lo conoscevo bene ed ero sicuro che fosse una maschera per non farci vedere quanto in realtà gli mancasse il suo fratellino.
Rigirai la busta fra le mani. Non c'era il mittente ed era stata recapitata a mano. Una cosa insolita ma tranquillamente l'aprii.
Quando lessi il suo contenuto mi venne freddo.
Era un disastro.
E veloce mi precipitai da Bella.
Lei doveva sapere.

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