Esme
Ovviamente
ero nervosa, e mentre ci recavamo a Volterra, il mio tenero compagno
mi aveva raccontato ancora una volta la sua vita dai Volturi in modo
da chiarirmi il giusto comportamento da tenere. “Ricordati
Esme.
Aro è furbo e scaltro. Se ci ha chiamati non è
certo per farci un
favore. Ha sicuramente un doppio fine e dobbiamo stare attenti a come
ci muoviamo. Qualsiasi cosa accada o io dica non preoccuparti. Abbi
fiducia in me. So come affrontarlo”
Certamente
che avevo fiducia in lui. L'avevo sempre avuta sin da quando mi ero
risvegliata vampira. Ma quando entrammo nei bui corridoi della Rocca
la mia paura iniziò ad aumentare a ritmo vertiginoso.
Peccato che
con noi non c'era Jasper avrei volentieri approfittato del suo
potere.
Quando
Carlisle mi presentò ad Aro, un brivido freddo mi scese per
la
schiena. La sua voce era dolce e suadente ma potevo percepire la
cattiveria e l'avidità nascosta nel suo animo.
Mentre
ci accompagnava da Edward, la mia impazienza cresceva velocemente e
mi accorsi di stringere forte la mano a Carlisle per cercare di
calmarmi. Stai tranquilla Esme, mi ripetevo in continuazione, stai
tranquilla, andrà tutto bene, presto lo potrai riabbracciare
e
portarlo fuori da questo gelido posto.
Quando
la porta si aprì Aro ci fece accomodare in una bella stanza
luminosa
ed io subito mi guardai intorno per cercare mio figlio. Un orrendo
sospetto mi attraversò quando notai che c'era qualcuno nel
letto
vicino alla finestra sorvegliato da un vampiro della Guardia. Feci
per avvicinarmi ma Carlisle mi strinse più forte la mano
trattenendomi. Lo guardai meravigliata, non voleva che andassi da
Edward? Lui si voltò e mi sorrise triste poi si rivolse ad
Aro
“Allora dov'è nostro figlio?”
Aro
lo guardò con aria enigmatica e rispose “E'
là nel letto. Come ti
ho detto non sta bene. Forse tu e la tua compagna potete salvarlo.
Non starò a raccontarti tutto, ti basti sapere che mi si
è
pietrificato sotto i miei occhi. Ho provato in ogni modo a risvegliarlo
ma è stato tutto vano. Voi siete l'ultima sua speranza.
Ha già iniziato a sgretolarsi.”
Guardai
Carlisle e cercai di lasciargli la mano, volevo correre da lui. Non
mi importava di altro, in quel letto giaceva morente il mio Edward.
Ma
Carlisle rimase calmo e impassibile mentre mi stritolava la mano per
riportarmi alla calma.
“Mi
dai una notizia terribile Aro. Mi aspettavo di tutto, ma non questo. Mi
domando cosa lo possa avere spinto a tanto”
Aro
ci guardava a disagio, non poteva ricorrere al suo potere
perché
Carlisle ed io non gli avevamo concesso di toccarci, e sicuramente
stava studiando le nostre reazioni.
“Non
lo so Carlisle. Ma sei l'unico che può tirarlo fuori da
questa
situazione” mentiva, ne ero sicura.
Guardai
il mio compagno e vidi che era fermo e rilassato. Ma come diavolo
faceva? Sapevo che aveva un autocontrollo fortissimo ma mai mi sarei
immaginata che fosse così grande la sua capacità
di soffocare gli
istinti.
“Non
sono sicuro di volerlo fare. In fondo è stata una sua
scelta”
rispose tranquillo.
Lo
guardai sgomenta, poi mi venne in mente “Ricordati Esme abbi
fiducia in qualsiasi cosa dica o faccia” presi
un gran respiro e
guardai in faccia Aro. Sul mio volto una maschera di
tranquillità.
Sembrava
spiazzato, neanche lui si aspettava un atteggiamento tanto distaccato
da noi.
“E'
tuo figlio Carlisle. La sua vita è nelle tue mani e
più aspetti più
si assottiglia la vostra possibilità di salvarlo”
Aveva ragione,
non potevamo aspettare ulteriormente. A che gioco stava giocando mio
marito?
“Non
credo voglia essere salvato per condurre la sua vita qui nelle
Guardie. Penso che abbia fatto questa scelta per scappare da te e
non me la sento di risvegliarlo illudendolo di poter tornare a casa
per poi abbandonarlo. Forse è meglio lasciarlo morire come
è suo
desiderio”
La
sua voce era ferma e decisa ed io che lo conoscevo bene capii
quanto gli pesava dover dire quelle parole. Era chiaramente una
strategia ed io dovevo stare calma per non rovinarla.
Come in una partita a scacchi avrebbe vinto chi aveva più sangue freddo.
Come in una partita a scacchi avrebbe vinto chi aveva più sangue freddo.
Abbassai
gli occhi e fissai per terra per non rivelare i miei sentimenti.
Carlisle lo conosceva assai bene e un sorriso gli spunto sulle labbra
quando Aro rispose “ E va bene Carlisle. Per ora hai vinto
tu. E'
assurdo perdere un talento simile. Se riuscite a svegliarlo e a
nutrirlo, appena sta in piedi puoi portartelo via. Lo mando in
congedo ma... non dimenticare che è una Guardia che ha
regolarmente giurato fedeltà e che quindi resta soggetto ad
alcune
nostre regole”
“Ho
la tua parola Aro?” chiese a conferma. Sapevamo infatti che
per
quanto malvagi e subdoli i Signori di Volterra erano rispettosi
delle regole e della loro parola.
“Certamente
Carlisle. Affrettatevi però perché ho seri dubbi
che riusciate
nel vostro intento. Noi abbiamo già provato di tutto invano.
Temo
che potrete solo starlo a vedere morire lentamente. - poi ci sorrise
- Ti conviene lasciare andare la tua compagna, amico mio, prima che
muoia d'impazienza per raggiungerlo.”
Non
credevo che fosse così evidente la mia ansia ma Carlisle mi
sorrise e mi lasciò la mano. Non mi voltai, sentivo che
continuavano a
parlare mentre veloce corsi dal letto su cui giaceva il nostro
Edward. Mio figlio.
Non
esiste affetto più grande di quello che una madre ha per il
proprio
figlio ed io lo sapevo benissimo.
Ero
giovane quando m'innamorai perdutamente di Peter. Mio padre diceva
che era un buono a nulla che non dovevo frequentarlo, ma io da
testarda quale sono continuai a vederlo di nascosto ai miei genitori.
Quando
rimasi incinta, Peter si tirò indietro lasciandomi da sola
ad
affrontare la mia famiglia infuriata con me. All'epoca era un
disonore enorme avere un figlio fuori da un regolare matrimonio e la
mia vita divenne un inferno. Non rimpiansi mai però la vita
che
sentivo crescere dentro di me. Amavo il mio piccolo bambino e
sopportavo con coraggio l'astio dei miei consapevole che presto
avrei avuto qualcuno da amare.
Quando
nacque fui la persona più felice di questo mondo, ma
durò poco. Due
giorni dopo, a causa di chissà quale malattia, il mio
piccolo
gioiello morì tra le mie braccia.
Non
potevo lasciarlo da solo, era così fragile e innocente.
Dovevo
seguirlo! Senza dire nulla a nessuno arrivai in cima alla scogliera e
sicura che la morte mi avrebbe presa mi buttai giù.
Ma
il destino aveva predisposto diversamente ed io vidi il volto di un
uomo bellissimo sussurrarmi “Non temere, sentirai un po' di
male,
il tuo corpo brucerà ma quando il tormento finirà
sarai salva”
Non
volevo salvarmi, volevo andare dal mio bambino, ma non potevo
ribellarmi e il fuoco si diffuse in tutto il mio corpo.
Quando
aprì gli occhi dopo aver sofferto per tre giorni le pene
dell'inferno vidi chino su di me quel bellissimo uomo. “Come
ti
senti?” mi chiese preoccupato.
Che
domanda stupida, mi sentivo bene, ma avevo sete. La gola mi bruciava
come il fuoco. Lo guardai pensando che era meraviglioso, poi gli
diedi una spinta con una forza che mi lasciò stupita e corsi
fuori
da quella stanza. Dopo venti minuti ero china a succhiare il sangue
di un contadino che per sua sventura si era trovato sulla mia strada.
Quando capii quello che avevo fatto e quello che ero diventata mi
spaventai a morte, ma due braccia forti mi trattennero dallo scappare
terrorizzata.
“Non
aver paura. Puoi imparare a controllarti, puoi cambiare.” poi
l'uomo mi guardò e... mi baciò.
Il
mio cuore inaridito dal dolore si colmò di nuovo di amore e
iniziai
la mia nuova vita a fianco di Carlisle. I primi tempi furono
difficili ma presto mi abituai alla mia nuova dieta.
Con
lui viveva Edward, che all'epoca si faceva passare per suo fratello.
Non
aveva decisamente un carattere facile, e spesso si scontrava con
Carlisle. Stentava infatti ad accettare di dover imprigionare il
mostro che è dentro ognuno di noi, e spesso si ribellava. Da
quando
poi mi ero unita a loro, teneva ancora di più le distanze.
Non ne
abbiamo mai parlato assieme ma credo che fosse geloso del rapporto
che avevo con Carlisle e del mio adattamento facile alla dieta
vegetariana. Io di certo ero convinta che Carlisle avesse sbagliato
a trasformarlo, sembrava odiarsi, non accettare la sua nuova vita e
la sua giovane età non era certo di aiuto.
Un
giorno, tornò a casa con gli occhi rossi e fiammeggianti.
Carlisle
lo rimproverò con gentilezza per fargli capire che era
sbagliato
nutrirsi di uomini, ma Edward, fuori di sé gli
urlò di tutto, poi
prese qualche cambio e ci comunicò che intendeva andarsene
da casa.
Carlisle troppo mortificato e intristito non ebbe il coraggio di
dirgli nulla, lasciandolo libero di seguire la propria strada. Io,
invece, decisi di affrontarlo. Doveva sapere, doveva capire!
“Edward,
ripensaci ti prego. Ci mancherai tanto, troppo... Mi rendo conto che
non posso essere niente per te, ma tu per me sei molto. Sei come il
figlio che ho perso. Vorrei tanto che fosse cresciuto e che ti avesse
assomigliato. Quando vuoi, quando ti sentirai pronto... ritorna e ti
accoglieremo di nuovo felici.”
Mi
aveva guardato con quegli occhi rossi brillanti poi mi aveva fatto
il sorriso sghembo che tanto mi piaceva e senza dire una parola si
era allontanato.
Era
tornato.... ci aveva messo quasi dieci anni, ma era tornato e si era
presentato con dei meravigliosi occhi color ambra.
Quando
era sceso dalla macchina, non aveva nemmeno chiuso la portiera che
ero corsa ad abbracciarlo. Mi aveva guardata sorridente e fiero
mentre pronunciava quelle parole che mai più avrei scordato
“Scusa
mamma. Non lo farò più. Mi siete mancati
troppo”.
E
da allora era cambiata la mia vita. Avevamo deciso io e Carlisle di
sposarci e di adottare secondo la legge Edward che era ancora
minorenne .
Era
nata la famiglia Cullen.
Da
quel giorno avevo iniziato a trattarlo da figlio e lui ci trattava e
rispettava come se fossimo davvero i suoi genitori. Alla nostra
famiglia si era unita poco dopo anche Rosalie. Carlisle aveva
sperato che Edward trovasse così una compagna. Ma si era
sbagliato
quei due non potevano essere tanto diversi e lontani fra di loro.
L'equilibrio che avevamo trovato andò a rotoli ma ne valse
la pena. Avevo accolto Rosalie esattamente come se fosse stata la
figlia
femmina che avrei voluto avere anche se per carattere stava sempre
sulle sue non concedeva confidenza a nessuno. Si unirono poi anche
Emmett, Alice e Jasper. Erano tutti diversissimi, come caratteri e
modi di fare, e non era facile riuscire a tenerli assieme, ma se
Carlisle era la loro guida io per loro ero il cuore. Erano tutti
giovanissimi e avevano bisogno di qualcuno che facesse loro da
riferimento nella nostra strana vita. Avrei tanto voluto avere un
bimbo piccolino tra le braccia da cullare ma la mia condizione di
vampira me lo rendeva impossibile. Ma avevo cinque meravigliosi figli
da accudire e consolare. Edward era decisamente il più
problematico, un po' perché era da solo un po'
perché il suo
strano dono di leggere nel pensiero spesso lo metteva in
difficoltà,
isolandolo dagli altri. Passava il suo tempo a studiare o a suonare e
raramente giocava con i fratelli. Solo Alice , oltre a me, sembrava
capirlo appieno. Lo lasciavo fare limitandomi a sorvegliarlo da
lontano proprio come una chioccia sorveglia il suo pulcino. Quando
finalmente Edward ci presentò Bella capii subito quanta
felicità
gli avrebbe donato e il mio cuore muto esultò con lui. Il
periodo
peggiore per me fu quando decise di lasciare Bella. Provai diverse
volte a fargli cambiare idea, ma senza risultati. Lo vedevo soffrire
e rinchiudersi dentro se stesso e io soffrivo per lui e con lui.
Una
mamma sa soffrire ma anche gioire con i propri figli e vive di luce
riflessa per loro.
Io
ero così, soffrimmo assieme e gioimmo assieme quando
finalmente
coronò il suo sogno d'amore.
Un'altra
figlia si era unita alla mia famiglia. E non venne da sola. Lei mi
donò una gioia immensa quando mi fece nonna. Mai
più avevo sperato
e sognato di poterlo diventare. Le fui vicina durante quel lungo
periodo di sofferenza, vedevo il mio Edward soffrire accanto a lei,
ma non potevo far nulla.
Discreta
come solo le mamme sanno fare, dispensavo aiuti e coccole quando mi
permettevano di farlo, stando ben attenta a non invadere la loro
intimità. E la mia gioia esplose quando per la prima volta
presi in
braccio la piccola Renesmee.
Pensavo
che ormai la mia vita fosse completa e la mia famiglia grande
abbastanza ma mi sbagliavo. Senza rendermene conto appieno altri due
figli entrarono nel mio cuore. Due simpaticissimi e allegrissimi
licantropi.
Mia
nonna mi diceva sempre che l'amore
non si divide con i nuovi ingressi
ma che si moltiplica. Ed aveva ragione. Avevo amore per
ognuno di
loro anche se.... Edward era stato il mio primo figliolo.
E
adesso a vederlo lì, indifeso e sofferente mi si strinse il
cuore. Mi avvicinai di corsa e poi mi fermai a guardarlo. Non
l'avevo mai visto dormire, e adesso sembrava che lo facesse. Aveva
gli occhi chiusi e un sorriso rilassato sul volto nel quale
spiccavano delle profonde occhiaie nere, e una lunga crepa sulla sua
guancia destra.
Mi
sedetti vicino a lui e facendo attenzione per non fargli male lo
abbracciai teneramente, proprio come avevo fatto con il mio bambino
morto.
Per
un attimo tremai al ricordo di quella sofferenza, ma sapevo che
stavolta potevo combattere per evitare di perdere nuovamente mio
figlio.
Con
dolcezza iniziai a chiamarlo “Edward, apri gli occhi. Ti
prego.
Sono Esme. Sono la mamma”. Con la mano libera gli facevo le
coccole sulla testa proprio come se fosse stato un bambino piccolo
mentre non smettevo di chiamarlo “Edward, guardami. Sono qui.
Siamo
venuti a prenderti per portarti a casa. Ti prego apri gli occhi.
Fammi capire che mi senti”.
Continuai
così a lungo e stavo già per iniziare a
disperarmi quando sentì un
sussurro stentato “mamma sei tu?”
Aveva
parlato, mi stava
sentendo. Ora bisognava solo fargli aprire gli occhi e farlo di nuovo
respirare in modo che potesse alimentarsi.
“Carlisle,
vieni presto” avevo bisogno del suo aiuto.
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